Morte di Hassan, condannato l'ex direttore del carcere di Viterbo

Il Tribunale di Viterbo
Morte di Hassan Sharaf, Pierpaolo D’Andria assolto da omicidio colposo ma condannato per omissione di atti d’ufficio. L’ex direttore del carcere di Viterbo...

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Morte di Hassan Sharaf, Pierpaolo D’Andria assolto da omicidio colposo ma condannato per omissione di atti d’ufficio. L’ex direttore del carcere di Viterbo è stato ritenuto colpevole di non aver trasferito nel carcere dei minori, come era stato richiesto dal pubblico ministero, il giovane egiziano che dopo appena tre mesi si suicidò. Assolti perché non avrebbero concorso nell’omissione di atti d’ufficio i due agenti della penitenziaria Daniele Bologna e Luca Floris. Rinviati a giudizio per omicidio colposo l’agente Massimo Riccio, responsabile della sezione dell’isolamento e Elena Niniashvili medico di medicina protetta. 

Hassan Sharaf morì nell’estate del 2018 dopo un tentativo di suicidio nella cella di isolamento. Il caso sollevò un gran clamore e non solo per aver portato alla ribalta le condizioni dei detenuti in carcere ma anche perché finirono nel mirino della procura generale i vertici del dap e quelli della procura viterbese a cui venne tolto il caso. Dopo un breve iter giudiziario la Procura generale portò tutti davanti al giudice. E ieri la prima sentenza di condanna, a due mesi e venti giorni, per l’allora vertice di Mammagialla. 

«Finalmente una sentenza - ha affermato a caldo l’avvocato Michele Andreano che assiste le parti civili - che buca il muro di gomma che è Viterbo. C’è voluta la avocazione della procura generale, perché nessuno voleva indagare, per arrivare a tutto questo. Ma questa condanna è gravissima perché afferma, che il direttore del carcere ha ignorato un ordine della procura minorile. E’ anche contraddittoria perché secondo noi è ignorando quell’ordine che Hassan tre mesi dopo ha messo in atto il gesto estremo. Non doveva essere lì ma tra quelle mura è morto». La seconda parte del procedimento riguarda l’omicidio colposo per cui sono stati rinviati a giudizio il medico e un agente. «Leggere le motivazioni e faremo le nostre valutazioni - commenta l’avvocato di parte civile Giacomo Barelli -, di certo la sentenza di oggi mette un punto importante. Certificando che nel carcere non era affatto tutto a posto, come volevano farci credere». La prima udienza per i due rinviati a giudizio il prossimo 13 novembre. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero