Sfruttavano e minacciavano braccianti, arrestati due imprenditori agricoli

Sfruttavano e minacciavano braccianti, arrestati due imprenditori agricoli
Sfruttavano e minacciavano 30 braccianti, agli arresti due imprenditori agricoli. All’alba di ieri, nei tre comuni viterbesi di Montalto di Castro, Cellere e Canino, i...

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Sfruttavano e minacciavano 30 braccianti, agli arresti due imprenditori agricoli. All’alba di ieri, nei tre comuni viterbesi di Montalto di Castro, Cellere e Canino, i carabinieri del Comando per la Tutela del lavoro e della stazione di Montalto su disposizione del giudice per le indagini preliminari Giuseppe Coniglio (tribunale di Civitavecchia), hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari nei confronti di tre soggetti.


Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai danni di numerosi braccianti agricoli.

Per i titolari di due distinte aziende con sede nell’agro di Montaldo, sono scattati gli arresti domiciliari, mentre ad una terza persona coinvolta nella gestione degli operai, i militari hanno notificato la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare l’attività di impresa.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, basata su attività tecniche e numerosi servizi di osservazione e pedinamento nella stagione agricola del 2019, la strategia degli indagati era pressoché collaudata: il titolare di un’azienda, romeno, reclutava persone indigenti, mentre il titolare e l’amministratrice della seconda ditta, sfruttandone lo stato di
bisogno, le impiegava anche per 12 ore al giorno, in precarie condizioni igieniche e di sicurezza, corrispondendo una paga nettamente inferiore a quella stabilita dai contratti collettivi nazionali.
Trenta, in totale, le vittime del sistema, 26 di origine rumena (di cui 16 impiegati in nero) e 4 marocchini, irregolari sul territorio nazionale.
Durante le indagini, accertati episodi di intimidazioni e minacce ai danni dei lavoratori, per costringerli a tollerare le
gravissime condizioni del loro impiego e soprattutto a non denunciare.
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Il Messaggero