Abusi sul porto di Marta, assolti sindaco e ex sindaco

Porto di Marta
Porto di Marta, tutti assolti. Si chiude con una sentenza di piena innocenza la vicenda che ha visto alla sbarra il sindaco del Comune lacuale Maurizio Lacchini, l’ex...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Porto di Marta, tutti assolti. Si chiude con una sentenza di piena innocenza la vicenda che ha visto alla sbarra il sindaco del Comune lacuale Maurizio Lacchini, l’ex vicesindaca Lucia Catanesi e un professionista del luogo. I tre imputati, difesi dagli avvocati Roberto e Francesco Massatani, Giovanni Labate e Carlo Mezzetti, erano accusati di abuso d’ufficio, falso ideologico e violazione delle norme sulla tutela del paesaggio. 

L’inchiesta della magistratura viterbese è nata nel 2016 dopo i lavori di ristrutturazione e ampliamento del porto finanziati con fondi europei. Lavori che avrebbero, secondo l’accusa, cambiato radicalmente la destinazione d’uso della diga di circa 270 metri. Da barriera ad attracco. Un cambio che ha portato i nomi del sindaco di Marta Maurizio Lacchini, della vicesindaca Lucia Catanesi, di alcuni ex assessori e dei responsabili dell’ufficio tecnico sul registro degli indagati. Degli 8 indagati iniziali sono tre sono arrivati al dibattimento.

Secondo l’impianto accusatorio il comune di Marta si sarebbe procurato un vantaggio economico chiedendo alle imbarcazioni un canone per l’ormeggio al molo. Proventi non dovuti in quanto non era possibile attraccare. Essendo solo un’opera idraulica. «La Regione Lazio - aveva affermato il procuratore capo Paolo Auriemma durante la discussione nell’udienza precedente - ha ripetutamente detto quell’opera non poteva servire come diporto. E questo perché realizzare un muro in quel punto avrebbe potuto creare un danno ambientale ingente. Per questo ragione il procedimento ci sta a cuore e ci interessa particolarmente.

Andare a modificare il fondo del lago, costruendo un muro di cimento avrebbe provato danni a cascata dal lago, al fiume e al mare dove sfocia. Per questo siamo rimasti stupiti e anche dispiaciuti che la Regione Lazio non si sia costituita parte civile. Era importante». Ragioni per cui la Procura aveva chiesto 9 mesi di condanna per ogni imputato. Ma ieri, in tarda serata, il collegio del Tribunale di Viterbo, ha ribaltato ogni accusa. Mandando assolti i tre imputati.

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero