Facebook, respinto il post di Sgarbi su un'opera di nudo maschile. Ira del critico: «Censura omofoba»

Una delle aree della mostra a Sutri
Niente nudi, siamo su Facebook. Neanche se ti chiami Vittorio Sgarbi e il tuo post riguarda un'opera d'arte. Al critico, sindaco di Sutri, è accaduto proprio...

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Niente nudi, siamo su Facebook. Neanche se ti chiami Vittorio Sgarbi e il tuo post riguarda un'opera d'arte. Al critico, sindaco di Sutri, è accaduto proprio questo: ha tentato di pubblicare una sponsorizzata con un nudo di uomo, foto opera di Wilhelm Von Gloeden, ma la risposta del social è stata lapidaria: «La foto non rispetta gli standard». Cosa che lo ha mandato su tutte le furie.


Sgarbi a Sutri ha appena aperto palazzo Doebbing, rendendolo un museo. E i nudi di Von Gloeden sono uno degli attuali pezzi forti. Non secondo i criteri dettati da Mark Zuckerberg, evidentemente. «La censura di Facebook ai nudi maschili - dice Sgarbi - non accadde nel Rinascimento col David di Michelangelo. Oggi invece un pugno di veloci calcoli, detti algoritmi, senza anima, né sentimenti, senza occhi, vieta a Vittorio Sgarbi di pubblicare, sulla sua pagina Facebook, un’inserzione che sponsorizza le mostre del museo di Palazzo Doebbing». Le foto di Von Gloeden, ricorda il critico d'arte, sono state «formidabile veicolo promozionale per Taormina di inizio secolo», nonostante questo, è scattata la censura.

E' un fiume in piena, il sindaco di Sutri. «Nudi mitici come nell’antica Grecia, per pubblicizzare Taormina. Quelle immagini - continua - sono ora nella loro semplicità a Sutri, altro luogo del mito. Un giovinetto nudo e pensieroso che si mostra all’obiettivo del grande fotografo tedesco nella sua nudità, come tributo alla classicità greca, come essenziale richiamo a una dimensione mitologica. Un messaggio semplice, che invita a venire a Sutri per godere della bellezza di Palazzo Doebbing, troncato sul nascere. “La foto non rispetta gli standard” e Facebook torna a censurare deliberatamente l’arte, i suoi significati più profondi. Dopo le opere di Courbet, Balthus, Rubens e molti altri, ora tocca a Von Gloeden, in una continua decomposizione morale e del buon senso che sembra, ormai, senza fine, capace di sterilizzare ogni sensibilità ulteriore. Chi vede il male in quelle immagini, lo ha dentro. Facebook dentro non ha niente».


Infine, il paragone. «La censura delle fotografie di Von Gloeden - conclude - è tanto più grave oggi perché non è ai corpi nudi di ragazzi proiettati nel mito, ma rappresenta una più grande e subdola censura ai valori del mondo omosessuale, del mondo gay che si identifica in Von Gloeden. Nessuno si sognerebbe di censurare le “Tre Grazie” di Canova ma evidentemente tre ragazzi nudi fanno scattare una reazione omofoba, che il cuore e l’intelligenza morta di Facebook registrano con evidente e intollerabile discriminazione». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero