«Dei bravi ragazzi». Richiedenti asilo assunti per la raccolta delle patate, la testimonianza del presidente del consorzio

Un migrante impiegato nella raccolta delle patate nel Viterbese
«La verità? Tutto nasce dall'esigenza di reperire manodopera, carente soprattutto in questo periodo dell'anno». Augusto Di Silvio è il presidente...

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«La verità? Tutto nasce dall'esigenza di reperire manodopera, carente soprattutto in questo periodo dell'anno». Augusto Di Silvio è il presidente del Ccorav, il Consorzio cooperativo ortofrutticolo Alto Viterbese, tra i registi - insieme al responsabile della Ospita, Giulio Cuore, e a quella di Confcooperative, Bruna Rossetti - dell'operazione che ha portato 36 richiedenti asilo a essere impiegati nella raccolta delle patate tra Grotte Di Castro e San Lorenzo Nuovo. 


In passato, racconta, molti giovani del posto si facevano la cosiddetta "stagione" per guadagnare quanto bastava al fine di pagarsi le vacanze. «Erano spesso studenti italiani giovani e volenterosi che - testimonia Di Silvio - non volevano gravare sui bilanci familiari e così si finanziavano le ferie. Ora è tutto cambiato: sono in pochi quelli che accettano, ogni anno diventa sempre più difficile reperire operai per la raccolta». Raccolta che inizia tra metà e fine luglio per concludersi ad agosto. «Parecchi ci rispondono che se ne vanno in ferie e non accettano il lavoro», continua.

Ogni estate la stessa storia: nelle 200 aziende che compongono il consorzio, circa 120 coltivano anche le patate e parecchie erano in affanno perché il lavoro non lo vuole nessuno. «Non che siano tutti uguali, si intende. Nella mia azienda - assicura - ho anche due 19enni italiani e alcuni rumeni impiegati in questo periodo. Ma non bastano per coprire la domanda». E così un paio di soci del Ccorav l'ha buttata lì: perché non chiedere ai ragazzi dei centri di accoglienza straordinaria? Di Silvio è quindi andato a conoscerli: «Ho trovato giovani pronti a mettersi in gioco. Alcuni avevano già svolto qualche piccolo impiego e l'idea di lavorare nei campi l'hanno subito abbracciata». Ne è nato un passa parola di azienda in azienda che ha poi portato al risultato attuale: contratto integrativo provinciale degli operai agricoli per 36 di loro. 


Per ora, un mese di lavoro. In prospettiva, però, c'è dell'altro. «Non me lo sarei mai aspettato ma - conclude - i soci sono entusiasti di questi ragazzi che stanno dimostrando serietà e rispetto. Tanto che alcuni verranno richiamati per semina dei campi. Siamo felici di aver dato loro fiducia e un'occasione per integrarsi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero