Bombe in Siria e mine nel centrodestra viterbese. La coalizione forte del 42% incassato alle recenti politiche è in piena confusione, appesantita dall'incertezza e...
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Serve un candidato sindaco del centrodestra per Viterbo che metta d'accordo i quattro attori. Queste le intenzioni, disattese oggi dall'esigenza di soppesare il posizionamento politico delle due forze maggiori. Col risultato di trasferire a Roma o a Milano (e pure Arcore) la questione Viterbo. Se la scelta del futuro sindaco passerà altrove, come si sta delineando, sarà un guaio per la città. Sulla quale, coi giorni che passano, i vincitori delle elezioni del 4 marzo, non hanno un'idea - figuriamoci un programma - di governo.
Per ora si assiste a un balletto tra chi forza la mano, chi cerca mediazioni e chi le affossa, tra chi propone di cambiare nome e a chi fissa date in avanti. Ora si guarda a martedì 17: accadrà qualcosa? Il punto di rottura sembra essere la tenuta di FI, giammai disposta a lasciare alla Lega l'imposizione in quella che considera casa sua. Nel complesso un'operazione a perdere, agli occhi degli elettori, più che a riconquistare palazzo dei Priori.
Il centrodestra accumula errori: si sopravvaluta, pensando che prima o poi tutti si accoderanno alla Lega, indifferente al risultato elettorale. Ma soprattutto non realizza che l'alleanza è tutta da costruire: ammesso che ci sia unità sul nome, la coalizione si porterà dietro gli strascichi di questo muro contro muro dietro alla facciata dell'unità. Servirebbe una presa di coscienza dei due maggiori leader certificati del centrodestra viterbese, il senatore Francesco Battistoni (Fi) e il deputato Mauro Rotelli (FdI), rimasti inaspettatamente in silenzio.
Giorgio Renzetti Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero