Aiutarono killer di camorra, processo fermo per "mancanza" di traduttori del napoletano

Il Tribunale di Viterbo
Cercasi interprete napoletano. Un professionista che sappia tradurre il dialetto partenepeo per i giudici del collegio del Tribunale di Viterbo e gli avvocati della difesa. ...

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Cercasi interprete napoletano. Un professionista che sappia tradurre il dialetto partenepeo per i giudici del collegio del Tribunale di Viterbo e gli avvocati della difesa.

 
Non riesce a partire il processo ai tre fiancheggiatori che aiututarono due killer di camorra a nascondersi.
Non riesce a partire perché non si trova un interprete disposto a lavorare sulle intercettazioni telefoniche.
Ieri mattina, davanti al collegio presieduto dal giudice Gaetano Mautone, è ripreso il processo a Domenico Gianniello, Pasquale Gianniello e Giulio De Martino. 

I tre imputati sono accusati di favoreggiamento aggravato dal fine di agevolare un’associazione di stampo mafioso.
I killer che avrebbero tenuto nascosti sono Giovanni Tabasco e Gaetano Formicola, arrestati proprio a Viterbo a marzo del 2016. I due napoletani uccisero il 18enne Vincenzo Amandola con diversi colpi di pistola.

L’arresto è scattato a Viterbo, a opera della squadra mobile, diretta allora da Fabio Zampaglione, che collaborò con i colleghi della questura partenopea. I tre ragazzi furono presi nella loro abitazione sulla Cassia Sud, Giannello e De Martino vivevano a Viterbo da qualche anno, dove avevano avviato un’attività in nero di rivendita piante e fiori per la strada.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti i due ragazzi avrebbero anche costretto alcuni negozianti ad acquistare da loro per evitare concorrenza. Ieri doveva essere il giorno dell'affidamento delll’incarico al perito di trascrivere tutte le intercettazioni ambientali e telefoniche che hanno aiutato gli inquirenti nell’indagine. Ma il professionista individuato ha rifiutato l'incarico.

L'udienza è stata nuovamente rinviata in attesa che venga individuato un nuovo perito. I tre imputati sono difesi dall’avvocato Leopoldo Perone del foro di Napoli. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero