Leo: Uomini d'Oro vi sorprenderà Faccio squadra, sul set e in campo

Edoardo Leo si confessa all'Interrogazione del Messaggero. I dieci chili di muscoli "messi su con un grande lavoro" per essere il Lupo che Vincenzo Alfieri voleva...

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Edoardo Leo si confessa all'Interrogazione del Messaggero. I dieci chili di muscoli "messi su con un grande lavoro" per essere il Lupo che Vincenzo Alfieri voleva per Gli Uomini d'Oro in uscita nei cinema; il suo essere un regista prima di tutto in campo, quando gioca a calcio (la sua grande passione) e anche sul set; le storie con i compagni di sempre dai giorni belli e romantici del Locale di Piazza del Fico (Favino, Ravello, Max Gazzè e tanti altri); i film determinanti. E il mappamondo che lo porta verso la Spagna: "Girerò un film lì, metà in italiano e metà in spagnolo: la volontà è quella di provare ad acquisire una dimensione professionale internazionale". L'attore e regista romano parla a ruota libera.

"Quando ho letto la sceneggiatura de Gli Uomini d'Oro ho messo a disposizione anche la mia factory: Alfieri è un regista giovane ma capace di fare un film davvero interessante e sorprendente. Ha convinto me, Fabio De Luigi, Morelli a fare un crime italiano di livello internazionale. Bella, per me, anche la sfida di parlare un mix di lombardo-piemontese. E vedrete De Luigi in un personaggio complesso e duro".
Gioca a mascherarsi da Giallini, con cui sta ultimando il nuovo film di Massimiliano Bruno. "Sul set col Giallo ci chiedevamo quanti film abbiamo fatto insieme... Veniamo da due famiglie romane della classe media e abbiamo un intero immaginario e linguaggio comune".
Il momento decisivo del primo film da regista nel 2010 ("quando dopo 50 premi, il cinema italiano s'è accorto di me"), alla svolta ulteriore di Perfetti Sconosciuti. "Grazie a Genovese sono in uno dei film di maggiore incasso e quello con maggior numero di versioni internazionali della storia del cinema". Ma il ricordo più dolce è per la saga di Smetto Quando Voglio: "Sibilia ha voluto aspettarmi, due mesi. Rivedo la locandina di quel film e penso che avrei rosicato tutta la vita a non essere io il Pietro Zinni di Smetto". Poi il Leo musicista e intrattenitore: "Sanremo l'ho fatto con gli amici del Locale... Ed è stato bello fare il Primo Maggio con l'Orchestraccia e la nostra Roma vera in musica". Ma Edoardo in fondo al cinema e nella vita resta il centrocampista uomo-squadra degli anni da calciatore. "Sì, sono uno che ha bisogno di fare squadra, spogliatoio. Da anni ogni settimana in campo con la squadra di amici, no gente del cinema, con cui si va a mangiare dopo la partita in una tavola calda, sempre la stessa. E' il mio respiro tra la gente comune, in mezzo alla Roma in cui sono cresciuto e amo vivere. Sul set, in fondo, provo ogni volta a costruire una squadra così".

Servizio di Alvaro Moretti (Foto Davide Fracassi, ag. Toiati) Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero