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di Laura Larcan
Le foglie d'oro zecchino distribuite a gocce sulla volta, le pennellate corpose che animano di rossore vivido i volti delle figure femminili, le date nascoste per secoli tra le pieghe delle vesti e quelle incisioni nelle scene dipinte sulle pareti che rimandano direttamente alla mano dell'artista. Sorprese e meraviglie, che si scorgono a tu per tu da ponteggi ciclopici a oltre diciannove metri d'altezza. Sono solo alcuni dei dettagli riemersi dal complesso cantiere di restauro che sta riportando ad uno splendore inaspettato l'intero ciclo di pitture murali della navata centrale di Sant'Agostino in Campo Marzio. Una delle chiese più belle di Roma, a pochi metri da piazza Navona, amata dallo stesso papa Francesco che qui è venuto in visita ad ammirarne i capolavori, come la Madonna dei Pellegrini del Caravaggio.
LA GALASSIA
Qui il pubblico può entrare ora (con mascherina, certo) e scoprire una galassia di luce e di incanto, una decorazione rinata (è il caso di dirlo) dalla penombra di strati secolari di polveri, che affonda le radici alla metà dell'800, all'estro di Pietro Gagliardi. Un complesso intervento che sta guidando passo passo la Soprintendenza all'Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma. Un lavoro condotto in piena emergenza Covid, e che rientra in un progetto pluriennale di restauro dell'intera basilica iniziato nel 2017. «Sant'Agostino è davvero un libro di storia dell'arte - racconta la soprintendente Daniela Porro - Dalla facciata disegnata da Leon Battista Alberti alla pala d'altare del Caravaggio, all'Isaia di Raffaello, alle opere di Guercino, Lanfranco, Sansovino.
LA PREZIOSITÀ
«Qui abbiamo una profusione di oro zecchino che aumenta la preziosità di questa decorazione - osserva la restauratrice - le foglie d'oro sono addirittura messe a goccia sul fondo dipinto di giallo chiaro. Una tecnica che rimanda a Melozzo da Forlì». I volti delle figure bibliche femminili sono un incanto: «Pietro Gagliardi riesce a stupire anche nei volti: gioca con le ombre e poche pennellate corpose per dare luce ai visi in modo che queste figure possano risaltare ancora di più nonostante i venti metri d'altezza». Basta entrare nella chiesa per rendersene conto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero