Roma, il restauro di Sant Agostino svela gli affreschi d'oro dell'800

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di Laura Larcan

Le foglie d'oro zecchino distribuite a gocce sulla volta, le pennellate corpose che animano di rossore vivido i volti delle figure femminili, le date nascoste per secoli tra le pieghe delle vesti e quelle incisioni nelle scene dipinte sulle pareti che rimandano direttamente alla mano dell'artista. Sorprese e meraviglie, che si scorgono a tu per tu da ponteggi ciclopici a oltre diciannove metri d'altezza. Sono solo alcuni dei dettagli riemersi dal complesso cantiere di restauro che sta riportando ad uno splendore inaspettato l'intero ciclo di pitture murali della navata centrale di Sant'Agostino in Campo Marzio. Una delle chiese più belle di Roma, a pochi metri da piazza Navona, amata dallo stesso papa Francesco che qui è venuto in visita ad ammirarne i capolavori, come la Madonna dei Pellegrini del Caravaggio.


LA GALASSIA
Qui il pubblico può entrare ora (con mascherina, certo) e scoprire una galassia di luce e di incanto, una decorazione rinata (è il caso di dirlo) dalla penombra di strati secolari di polveri, che affonda le radici alla metà dell'800, all'estro di Pietro Gagliardi. Un complesso intervento che sta guidando passo passo la Soprintendenza all'Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma. Un lavoro condotto in piena emergenza Covid, e che rientra in un progetto pluriennale di restauro dell'intera basilica iniziato nel 2017. «Sant'Agostino è davvero un libro di storia dell'arte - racconta la soprintendente Daniela Porro - Dalla facciata disegnata da Leon Battista Alberti alla pala d'altare del Caravaggio, all'Isaia di Raffaello, alle opere di Guercino, Lanfranco, Sansovino. Fino a Gagliardi, un grande dell'800 che si confronta con i giganti del Rinascimento». Qui Gagliardi, fra il 1858 nel 1868, realizza la decorazione della navata centrale sopra gli archi con le storie di Maria e le figure del Vecchio Testamento. E splendono davvero ora queste eroine bibliche a grandezza naturale: Rebecca con la dolcezza molle del volto reclinato, Esther con le ricche vesti che sembrano fluttuare, la fiera Giuditta, la nobile Ruth, e ancora Abigail e Giaele. Allievo di Tommaso Minardi e Vincenzo Camuccini, Gagliardi studia all'Accademia di San Luca. «Il restauro ha messo in evidenza come questo artista si rifaccia proprio alle tecniche pittoriche esecutive dei maestri del passato», osserva Daniela Porro. Dettaglio non da poco, visto che parliamo di una superficie pittorica di 800 metri quadrati, a quasi 20 metri di altezza, per la quale è stato allestito un ponteggio monumentale. «L'intervento ha riguardato le pitture ma anche le decorazioni a rilievo, gli stucchi e le dorature». Un tesoro rinato. «Pensare che tra le storie di Maria è raffigurata anche la natività che rimanda in qualche modo al dogma dell'Immacolata concezione proclamato appena quattro anni prima», evidenzia Porro. «Il restauro ha rimesso in luce quella che era la tecnica esecutiva di questo artista: non a caso dalla pulitura delle pitture murali sono emerse le stesse modalità di esecuzione nell'affresco che utilizzavano Michelangelo e di Raffaello», indica la responsabile del restauro Chiara Scioscia Santoro. Sui ponteggi, nella vertigine di un incontro ravvicinato con la bellezza, si coglie tutta la grazia dell'opera. «La figura di Rebecca racconta molto di questo pittore - dice Scioscia Santoro - qui sono venute alla luce le incisioni che evocano il sistema di divisione delle giornate di lavoro dell'artista come si usava nel Rinascimento. Si colgono la trasposizione del disegno attraverso l'incisione indiretta e la tecnica cosiddetta dello spolvero». L'aspetto più sorprendente è l'applicazione della foglia d'oro.


LA PREZIOSITÀ
«Qui abbiamo una profusione di oro zecchino che aumenta la preziosità di questa decorazione - osserva la restauratrice - le foglie d'oro sono addirittura messe a goccia sul fondo dipinto di giallo chiaro. Una tecnica che rimanda a Melozzo da Forlì». I volti delle figure bibliche femminili sono un incanto: «Pietro Gagliardi riesce a stupire anche nei volti: gioca con le ombre e poche pennellate corpose per dare luce ai visi in modo che queste figure possano risaltare ancora di più nonostante i venti metri d'altezza». Basta entrare nella chiesa per rendersene conto.