Da 26 anni “La mano del Desierto” troneggia nell’infinito paesaggio di Atacama, in Cile. Le gigantesche dita che affiorano dalla sabbia sono visitate ogni anno...
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La città di Antofagasta, era un centro (completamente isolato) dell’industria mineraria del rame, e al famoso scultore venne commissionata l’opera (per riempire forse l’immenso vuoto del deserto). E così è stato. Venne, infatti, inaugurata il 28 marzo 1992 grazie al contributo della Corporation Pro Antofagasta. La sua manutenzione (ancora oggi) è effettuata dalla stessa società, che interviene sulla pulizia del cemento, dal momento che la scultura è un bersaglio costante di graffiti da parte di visitatori. Tutti vogliono lasciare una firma sulla mano del deserto. Un po’ come purtroppo accade troppo spesso per i monumenti italiani: primo fra tutti il Colosseo.
Per capire l’imponenza bisogna avere bene in mente il luogo dove è stata costruita la gigantesca mano: il deserto di Atacama è noto per essere uno dei luoghi più aridi al mondo, ma è anche uno dei posti più magici al mondo. Amanti del trekking e della fotografia lo attraversano ogni anno alla scoperta di immagini mozzafiato.
Secondo l’artista Irarrázabal, ogni visitatore della “Mano del Desierto” può dare comunque la propria interpretazione del significato di questa scultura. Alcuni dicono che è la città che dice addio al viaggiatore. Per altri rappresenta le vittime dell’ingiustizia e della tortura durante la dittatura militare (dal 1973-1990). Lo stesso artista ha realizzato sculture simili sulle sabbie della spiaggia Brava di Punta del Este (il monumento della Mano di Punta del Este) nel 1982, nel parco di Juan Carlos I di Madrid, a Puerto Natales (Cile). Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero