C’è una città fantasma nel Lazio, precisamente nella Tuscia non lontano da Vetralla, che rievoca, in piccole dimensioni, il fascino di Petra. Benvenuti a...
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La necropoli, che costituisce l’esempio più significativo di architettura funeraria rupestre di Età Ellenistica, è databile fra il IV e il II secolo a.C. e le sue Tombe a Dado fanno davvero pensare ad una piccola Petra nel Lazio. Gli spazi superiori di queste costruzioni erano riservati ai pasti rituali e alle libagioni, mentre nella parte inferiore c’erano le camere funerarie vere e proprie, oggi un tutt’uno con la vegetazione lussureggiante. Da vedere anche le tombe e le nicchie votive scavate nella roccia tufacea che affacciano sul precipizio del vallone, per la loro suggestiva e arcana bellezza. Il nome antico della città era Orcla, e sorgeva sul punto di confluenza dei corsi d’acqua Pile e Acqualta nel fiume Biedano.
Varie epoche convivono nella vallata di Norchia, dove spiccano anche i resti del castello medievale del XIII secolo d.C. e i resti della Pieve di San Pietro, del IX secolo d.C. Ma ciò che colpisce di più il visitatore sono senz’altro i grandi sepolcri rupestri, una forma di esibizione dello status sociale da parte dell’aristocrazia agraria dell'epoca, che li fece erigere per rendere omaggio al proprio rango. Sebbene è con gli Etruschi che Norchia conobbe il suo massimo splendore, non dimentichiamo che i primi insediamenti qui risalgono al Paleolitico superiore e poi all’Età del Bronzo. Come abbia avuto termine il ciclo di vita di Norchia, nel Medioevo, è ancora avvolto nel mistero: forse un’epidemia potrebbe essere stata la causa dell’abbandono definitivo di questa città, avvenuto nella seconda metà del Quattrocento. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero