La Chiesa ha il dovere di garantire l'accompagnamento pastorale e psicologico dei preti pedofili. I predatori seriali che in passato sono stati allontanati dalle parrocchie,...
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A suo parere le violenze non possono essere ridotte a norme e procedure tese a contrastare comportamenti criminali, ma dovrebbero chiamare «alla conversione ogni soggetto ecclesiale».
Di denuncia ai carabinieri o alla polizia nell'articolo della suora non si parla proprio, nemmeno per sbaglio, forse anche perché in Italia non esiste ancora nessun obbligo giuridico di denuncia civile da parte dei vescovi. Un vulnus che al quale il legislatore prima o poi, secondo tante vittime, dovrà mettervi mano anche se si tratta probabilmente di andare a ritoccare il concordato con la Santa Sede rinnovato nel 1985 da Casaroli-Craxi.
Il saggio che suor Anna Deodato ha dato alle stampe è stato pubblicato sulla Rivista del Clero Italiano. La prima e più ampia parte è dedicata alle vittime, al bisogno di accompagnarle in un lungo cammino. La suora ammette che troppe volte negli anni passati le forme di abuso sono state negate e insabbiate per salvare l'immagine della Chiesa come istituzione a scapito delle donne e degli uomini, sovente allora minori. Come abbiamo sentito le loro ferite non hanno prescrizione.
Per la terapeuta è però importante anche prendersi cura dei pedofili per impedire loro di reiterare il reato. «Non manca una parola di impegno a non lasciare soli coloro che hanno commesso questo crimine. Ci si impegna affinché ciascuno sia accompagnato nel suo cammino di responsabilizzazione, di richiesta di persone o di riconciliazione e riparazione, di cura psicologica e sostegno spirituale. Anche questa, dobbiamo ricordarcelo, è una opera di giustizia e pace».
In buona sostanza curare i pedofili – spiega la religiosa - resta una «opera di giustizia e pace»; «l'abuso fa parte di linee sismiche che attraversano il mondo. Anche su questa faglia l'operatore pastorale trova il suo proprio posto accanto a chi ha tanto sofferto e a coloro che hanno procurato questo dolore. Qui tutti sono chiamati a sostare sino a quando queste ferite non saranno rimarginate».
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Il Messaggero