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Città del Vaticano – Il pericolo di una rivoluzione di matrice comunista in Italia nell'immediato dopoguerra fu reiteratamente segnalato in Vaticano non solo da fonti americane o governative ma anche ecclesiastiche. Non vi furono, infatti, solo le informative dei servizi statunitensi, o il piano insurrezionale K a cui fece riferimento l'allora ministro Scelba in diversi interventi. L'imminente insurrezione teleguidata da Mosca fu descritta e illustrata anche da diverse fonti ecclesiastiche come descrive Civiltà Cattolica in un articolo in cui fa spiccare il profilo istituzionale di Palmiro Togliatti, segretario del PCI, che si rivelò un prezioso baluardo per fermare ogni tipo di insurrezione in grado compromettere il cammino democratico.
«Togliatti non poteva permetterlo.
Fra tutti, uno dei più significativi fu il cosiddetto «piano Ivan», del dicembre 1947. Un«Il Piano “Ivan” e “Z” – si legge in un appunto inviato in Vaticano – prevede tre sviluppi successivi: 1°) Conquista delle sedi governative di Roma, contemporanea ad azione rapida e decisa in tutte le 5 città principali dell’Italia settentrionale: Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna. 2°) Azione immediata e quindi blocco delle strade nazionali, provinciali e comunali. Blocco e interruzione con paralisi del traffico delle ferrovie. Cordone di isolamen- to sotto Roma con scopo di bloccare l’accesso al meridione dei fuggitivi dalle zone sotto controllo comunista. 3°) Azione isolata e contemporanea per tutto il territorio controllato dal comuni- smo, tesa alla eliminazione rapidissima dei fascisti e dei cosiddetti reazionari ritenuti più pericolosi. Tale eliminazione deve colpire inesorabilmente tutti i monarchici. Le eliminazioni di prelati e religiosi dovranno avvenire in un secondo tempo, quando cioè i territori controllati saranno stati sgombrati da tutti quegli ele- menti che possono costituire isole di resistenza»1.
Padre Sale si interroga se vi fosse veramente il pericolo di un’insurrezione comunista in Italia. Anche in altri documenti si parla di infiltrazioni di combattenti comunisti jugoslavi in Italia. In una altra relazione del 1947, sempre fatta pervenire in Vaticano dai servizi segreti statunitensi, venivano forniti particolari precisi. Sarebbero stati circa 15.000 gli uomini jugoslavi provvisti di armi moderne russe e jugoslave e da armi italiane e tedesche ancora conservate in depositi sorvegliati da ex partigiani.
Il Messaggero