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Città del Vaticano – E' dal nutrito elenco dei grandi temi condivisi che si capisce quanto abbiano camminato a fianco e in sintonia, Papa Francesco e Sergio Mattarella, durante questo settennato. Il “comune sentire” - per usare una espressione cara al cardinale Martini, figura di riferimento per entrambi- ha permesso di cementare col tempo un rapporto umano, prima che istituzionale. All'inizio nulla era scontato, poi l'alchimia personale che si è sviluppata ha fatto il resto. Sia pubblicamente che dietro le quinte, in modo discreto, una telefonata anche solo per sapere le condizioni di salute o per fare gli auguri.
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Il Capo dello Stato e il pontefice argentino venuto dalla fine del mondo si sono ritrovati su vari terreni. La tragedia dei migranti, il ruolo del Mediterraneo, l'Europa sballottata dai populismi, la crisi economica, la denatalità, la lotta alla corruzione, i vaccini ai paesi poveri. Se si passano in rassegna gli interventi istituzionali fatti da entrambi affiora quasi un canto a due voci, praticamente sincronico, da una parte la assoluta laicità dello Stato e dall'altra le ampie braccia della fede che uniscono diversi mondi.
Tra i grandi temi condivisi, tuttavia, c'è n'è uno che più di altri ha cesellato le similitudini e le sensibilità personali: la gestione della pandemia e dell'orizzonte di riferimento post-covid.
E poi l'immagine simbolica del Papa in piazza san Pietro sotto la pioggia, il 27 marzo dell'anno scorso, a pregare per i morti, seguita da una immagine analoga, altrettanto potente, quella del Capo dello Stato davanti all'altare della Patria, solo, a rendere omaggio all'Italia che stava soffrendo.
L'incontro di commiato di oggi, fissato prima del semestre bianco, al termine del mandato Sergio Mattarella lo ha chiesto per tempo, deciso a non intraprendere nessun bis al Quirinale. L'appuntamento in Vaticano lo ha voluto in agenda prima della fine dell'anno, prima del Natale alle porte, e della celebrazione a San Pietro del Te Deum del 31 dicembre. Più che un commiato istituzionale, visto dall'esterno, anche questo incontro sembra quasi un saluto tra amici, al di fuori delle rigide cornici protocollari, certamente si incontreranno ancora, magari per uno scambio di opinioni o un consiglio che nasce dal cuore. Anche in questo caso l'incontro di oggi lascerà al mondo una immagine potente che racconta più di mille discorsi.
Resta il fatto che il presidente della Repubblica e il Pontefice in questi anni si sono distinti per portare avanti con garbo il bene comune e le urgenze legate ai temi sociali con uno stile decisamente sobrio, ben poco ostentato. Il cattolico Sergio Mattarella non ha mai smesso di avere contatti con il mondo vaticano, ha sempre mantenuto solidi legami personali con cardinali e vescovi, italiani e stranieri. Francesco di lui ha apprezzato la pacatezza, l'equilibrio, la capacita' di mediazione.
In Vaticano c'è chi ora si osserva da lontano la partita per il Colle, e si ipotizza chi sarà il prossimo presidente. La partita è tutt'altro che definita, anche se nel tam tam interno alla curia già si possono individuare correnti di preferenze. C'è a chi non dispiacerebbe che arrivasse al Quirinale una donna come Marta Cartabia, giurista solidissima, con una grande fede e un background internazionale, altri non scartano l'ipotesi di Pierferdinando Casini, cattolico navigato, ottimo negoziatore, con memoria storica e una visione internazionale, altri ancora l'ex premier Giuliano Amato, un laico garantista e lungimirante. Infine chi scommetterebbe per un outsider come Paola Severino, avvocato di parte civile della Segreteria di Stato nel processo vaticano sul famoso immobile a Londra.
La corsa è aperta e le voci rimbalzano. Ma la Chiesa e' abituata ad attendere e a non smettere di sperare. IN questo caso che al Colle arrivi una figura altrettanto significativa come Mattarella benché sia chiaro ai più che l'irrilevanza dei cattolici nel Paese è ormai un dato di fatto.
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