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PERUGIA - La pandemia non ferma le battaglie degli enti davanti al Tar, tra l'Ordine degli avvocati che porta in tribunale l'Azienda ospedaliera di Perugia e palazzo dei Priori che resiste contro la corazzata della presidenza del Consiglio dei ministri e ben tre ministeri.
La prima vicenda giudiziaria vede il direttivo degli avvocati perugini che hanno contestato un avviso del Santa Maria della misericordia per quelle consulenze dai compensi troppo bassi, lontane da minimi tabellari, e i requisiti che non avrebbero consentito la partecipazione di un numero congruo di colleghi. «Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Perugia – spiega infatti una comunicazione -, nell'ambito della propria costante attività di vigilanza sulla legittimità delle procedure avviate dalle pubbliche amministrazioni. per il conferimento di incarichi forensi e a tutela degli interessi degli iscritti, ha impugnato innanzi al Tar dell'Umbria l'avviso di indagine esplorativa approvato alla Azienda Ospedaliera di Perugia del 23 settembre 2020 per l'affidamento di servizi di supporto giuridico-legale in materia di contrattualistica pubblica, ritenendone le previsioni contrastanti con i principi di libera concorrenza e dell'equo compenso».
PALAZZO DEI PRIORI
Intanto, il Comune di Perugia affila le armi e si affida all'avvocato Giovanni Corbyons, deliberando l'elezione di domicilio nel suo studio a Roma, come riporta una recente determina dirigenziale, per contrastare presidenza del Consiglio e i ministeri della Giustizia, dell'Interno, dell'Economia e delle Finanze, che hanno proposto appello davanti al Consiglio di Stato dopo che palazzo dei Priori ha vinto lo scorso febbraio il processo davanti al Tar del Lazio per i rimborsi che lo Stato deve al Comune per le spese della giustizia. Una battaglia in punta di diritto per un braccio di ferro che va avanti da tempo con la posta in gioco di sei milioni di euro. In pratica, il Comune ha fatto ricorso al presidente della Repubblica per ottenere l'annullamento di un articolo di un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri del 2017 relativo alla quantificazione dei rimborsi. «Lo Stato determinava – riassumono i giudici amministrativi - il rimborso nella misura del 28%, trasferendo - sostanzialmente - le spese del servizio di giustizia interamente sui comuni, in danno degli equilibri di bilancio raggiunti da quest’ultimo. Inoltre, non si consentiva ai comuni di poter disporre liberamente dei propri interessi rinunciando ad un credito verso i propri cittadini (che nel caso in esame ammontava a più di sei milioni di euro), con conseguente danno all’Erario comunale e aperto contrasto con l’art. 1965 del codice civile, poiché essa non era oggetto di una libera contrattazione». La prima sezione del Tar del Lazio ha dato quindi ragione al Comune, che ha ottenuto quindi l'annullamento del controverso articolo. Ma adesso c'è il secondo round davanti al Consiglio di Stato, con la speranza di palazzo dei Priori di non vedere ribaltato il risultato. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero