OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Centocinquanta chili di cocaina smerciati in appena otto mesi. È la quantità di droga che sarebbe riuscita a immettere sul mercato la presunta associazione per delinquere individuata dalla Procura della Repubblica di Perugia. Quindici le persone indagate dal procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini per traffico di sostanze stupefacenti: vengono tutte accusate di «essersi associate al fine di acquistare, detenere e porre in vendita rilevanti quantitativi di cocaina, dando vita a un’organizzazione strutturata gerarchicamente». Gli gli indagati, per lo più albanesi (alcuni coinvolti nella rissa avvenuta mesi fa all’aeroporto del capoluogo umbro), sono ritenuti responsabili a vario titolo anche di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione e detenzione di armi e munizionamento. Per nove è stata disposta dal giudice per le indagini preliminari Natalia Giubilei la custodia in carcere, per quattro gli arresti domiciliari e per due l’obbligo di dimora.
L’inchiesta, durante la quale sono stati portati avanti accertamenti mediante appostamenti, pedinamenti, monitoraggi con Gps, telecamere di videosorveglianza, intercettazioni telefoniche e ambientali con ‘cimici’ piazzate nelle auto degli indagati, ha interessato le città di Perugia, Foligno, Spoleto, Terni, Rimini e Bologna.
«Innanzitutto - scrive il gip nell’ordinanza di 62 pagine - vi è il reclutamento di quelli che il pubblico ministero ha efficacemente definito ‘spacciatori a tempo determinato’, provenienti dall'Albania, giovani incensurati che vengono fatti giungere in Italia a spese dell'organizzazione per restarci pochi mesi, di regola un trimestre, al fine di svolgere l’attività illecita, solitamente le cessioni al dettaglio, con il vantaggio che, anche se arrestati e trovati in possesso di poche dosi, subiranno una condanna minima evitando il carcere». La presunta organizzazione, inoltre, dispone di «ingenti somme di denaro che, oltre a costituire il provento dell'attività, tanto da dar luogo anche ad investimenti immobiliari, vengono utilizzate per l'acquisto dello stupefacente, per remunerare i sodali e spacciatori, oltre che per far fronte alle varie spese». Ma ha anche «immobili dove allocare partecipi e collaboratori» e «autovetture impiegate per finalità illecite».
Parte dei soldi guadagnati - viene riferito dalla Procura - sono stati reinvestiti in attività commerciali in Umbria e in attività ricettive nelle località balneari dell’Albania. Nelle ultime ore, insieme ai 132 mila euro in contanti e ai libretti postali, gli investigatori hanno sequestrato 21 cellulari, di cui due criptati, manoscritti con la contabilità della droga e un paio di Rolex.
Leggi l'articolo completo suIl Messaggero