«Sicuramente non riapriremo il 18 maggio». Caterina Casadei, gli occhi verdi ereditati dalla mamma Tania, che incastonati tra la toque blanche e la mascherina sembrano...
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«Il Governo centrale parla di sospendere la tassa sull'occupazione del suolo pubblico, ma il Comune di Terni dice che trovandosi in uno stato di dissesto economico può solo concedere nuovi spazi, ma dove? E poi l'emergenza sanitaria impone distanziamenti sempre, quindi lungo le vie andranno anche lasciati dei corridoi per il passaggio». Per Caterina non solo l'ampliamento dell'occupazione suolo pubblico è un palliativo, ma tutta la situazione in genere è complicata. «Altri ristoratori sono contenti di ripartire, ma secondo me non c'è niente per cui essere contenti. Innanzitutto non si sa quanto durerà questa fase transitoria, e comunque la nostra categorie ha bisogno di linee guida chiare in base alle quali ciascuno di noi possa decidere se restare chiuso temporaneamente o per sempre, se tentare la ripartenza o addirittura valutare una riconversione». «Il nostro è un lavoro che ci garantisce di vivere dignitosamente, ma certo non ci fa arricchire. Per un ristorante come il mio, con 240 mila ero di fatturato annui, essere restati fermi due mesi è stato un danno che mai avremmo immaginato di subire. Anche per questo non abbiamo margini di errore. Per ora le indicazioni governative sembrano insostenibili». Il ristorante Piazzetta in via Cavour, riapre. Sta riorganizzando la sala ma non metterà il pannello di plexiglass alla cassa, perché riesce a garantire il distanziamento avendo un bancone molto profondo. «Stiamo valutando diverse soluzioni dice Federico - anche quella di lasciare l'arredamento così com'è e far sedere i clienti in tavoli lontani. Certo potremo accogliere solo la metà delle persone rispetto a prima, ma ripartire è un modo per vedere cosa verrà poi. C'è incertezza per tutti e sicuramente anche i flussi saranno ridotti perché le persone hanno paura del Covid-19 e si sono in qualche modo abituate a restare in casa. Ci vorrà un bel po' per riprendere le vecchie abitudini. Abbiamo cento metri quadrati calpestabili e potremo accogliere venti persone, la metà esatta rispetto a prima. Siamo stati fermi per due mesi, dal 4 maggio ci siamo organizzati con il servizio da asporto e la consegna di pasti a domicilio. La riapertura a queste condizioni è anche un modo per tamponare le spese». Sulla proposta dell'amministrazione comunale di concedere nuovi spazi all'aperto a canone ridotto, dichiara: «anzitutto non ci sono posti perché ogni locale in questa zona è attaccato all'altro, poi sembra più un palliativo che un sostegno alla nostra categoria».
Alessandro Paolucci, del Ristò da Ale in via Fratini, non si è mai fermato invece: «con mia moglie e mio figlio ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo garantito la consegna a domicilio di pizze sempre.
Il Messaggero