Sicurezza a Fontivegge, l'urlo dei residenti: «Presenze pericolose, disagio non più sopportabile»

Polizia dopo una rissa a Fontivegge in un video postato su Facebook
PERUGIA - Risse, scippi e accoltellamenti: il problema sicurezza a Fontivegge arriva in consiglio comunale e i residenti, dopo l'ultima riunione della commissione che ha...

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PERUGIA - Risse, scippi e accoltellamenti: il problema sicurezza a Fontivegge arriva in consiglio comunale e i residenti, dopo l'ultima riunione della commissione che ha respinto l'ordine del giorno firmato Cinquestelle, fanno il punto. Attraverso le parole di Andrea Fais, del Comitato Progetto Fontivegge, in prima linea da anni per sostenere e riqualificare la vasta area della stazione, tra via del Macello e via XX Settembre. Ma passando prima per la «bonifica del quartiere da presenze inquietanti».

«Siamo soddisfatti dell'invito ricevuto in IV Commissione Consiliare Permanente, che ci ha dato l'opportunità di esprimere il disagio del quartiere direttamente dal cuore istituzionale della città – spiega Fais, ricordando la riunione di pochi giorni fa -. Come sottolineato durante la seduta da Lorenzo L'Episcopia, fondatore ed amministratore del gruppo FB "Progetto Fontivegge" assieme a Giulietto Albioni, i problemi restano e sono anche molto gravi. C'è una linea di interlocuzione aperta da tempo con l'amministrazione, in particolare con l'assessore Luca Merli, che ringraziamo per l'impegno profuso da quando ha assunto la delega alla sicurezza. I dati da lui forniti, in risposta all'ordine del giorno presentato dalla consigliera Maria Cristina Morbello, che ringraziamo per averci convocato, testimoniano che qualcosa si sta muovendo e che le attività della polizia locale si sono intensificate per quanto riguarda pattugliamenti, sanzioni e sgomberi».


«Tuttavia, come lo stesso assessore ha riconosciuto, ciò non basta – ribadisce Fais al Messaggero -. Si può e si deve fare molto di più. In questo senso ci auguriamo che la recente assunzione di 18 nuovi giovani agenti, cui se ne dovrebbero aggiungere altri 12 entro il prossimo anno, consenta all'intero Corpo di compiere quel salto di qualità necessario ad adeguare le capacità di intervento ai tempi, purtroppo critici, di quest'epoca, dove ormai il dibattito in materia si è ridotto ad una sterile polarizzazione tra un approccio "liberale" e uno "securitario". Nel primo caso vengono privilegiate misure di rigenerazione urbana e stimolate forme di associazionismo civico o di iniziativa privata, con una presenza del pubblico limitata al minimo indispensabile, nell'attesa che un quartiere rinasca "da sé". Nel secondo caso, l'intervento pubblico preventivo/repressivo viene ritenuto prioritario anche a costo di drenare risorse da altri capitoli di spesa. Eppure, cristallizzare ideologicamente queste due dimensioni è un errore fatale per i quartieri. È evidente che il nostro comitato ha sin qui portato avanti una battaglia securitaria, e continuerà a farlo, perché questo approccio è necessario per il particolare contesto di Fontivegge. I drastici cambiamenti edilizi degli anni Ottanta ci hanno consegnato una piazza anonima e distaccata dal resto del quartiere, inquietanti blocchi di vetro e cemento, centri residenziali in stile "alveare" pensati per professionisti e yuppie rampanti ma finiti ben presto fuori mercato e poi svenduti o affittati a prezzi stracciati». «Quello che vediamo a Fontivegge, insomma, è già il risultato di un tentativo di rigenerazione urbana fallito miseramente oltre vent'anni fa – chiude il suo intervento Andrea Fais -. Bisogna che se lo metta bene in testa chi ancora pensa di poter affrontare spacciatori, tossicodipendenti molesti, prostitute, piromani o altre persone problematiche ricavando un coworking, per altro già chiuso, dal porticato di un edificio preesistente, aprendo un centro grafiche o pedonalizzando qualche spazio in più. Lo abbiamo detto quando i progetti furono presentati e lo ribadiamo. Quando il quartiere sarà finalmente bonificato da presenze pericolose e fabbricati fatiscenti o abbandonati, allora potremo tornare a parlare di rigenerazione, con una visione urbanistica d'insieme centrata sul buon vivere e non su interessi speculativi, anche ripartendo dall'anima post-industriale del quartiere, totalmente violentata negli ultimi quarant'anni». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero