Orvieto, "L'albero di Antonia": «Umbria sotto attacco per l'aborto»

Vignetta di Paolo Caruso per Sputnik, donata al Messaggero in occasione del 25 novembre 2020
Nella "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne", ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la...

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Nella "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne", ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999 e fissata il 25 novembre, a fare un punto sulla situazione, anche orvietana e umbra, è il Centro Antiviolenza "L'albero di Antonia" di Orvieto.

La situazione. "Milioni di donne nel mondo sono vittime di violenze domestiche, schiavizzate in matrimoni forzati, mutilate nella loro sessualità da pratiche violente per assoggettarle alle regole sociali patriarcali, violentate come trofei di guerra, comprate e vendute per alimentare il mercato della prostituzione, molestate sui luoghi di lavoro, maltrattate in famiglia, vittime di stalking e di revenge porn. 7 milioni di donne italiane, dai 16 ai 70 anni, hanno subito almeno una volta nella loro vita una forma di violenza (dato Istat). Un fenomeno sociale strutturale ancora in crescita, fotografato dalle statistiche ancora imperfette ma che ci dicono di una violenza inflitta in buona parte da padri, mariti, compagni, ex partner, amici o conoscenti. Come se non bastasse, si aggiunge spesso la vittimizzazione secondaria, quella istituzionale nei percorsi legali, sanitari, dei servizi sociali, dove invece di valutare il comportamento dei violenti viene valutato quello delle donne. La condanna sociale alla violenza maschile sulle donne deve essere unanime così come il contrasto, la prevenzione e l’impegno sociale, anche di quanti non vogliono essere “complici” con il silenzio, la minimizzazione, il disinteresse. Persistente è la disparità tra uomini e donne, con un tasso di disoccupazione femminile in Italia intorno all’11,8% (dato Censis). Ritorna feroce anche in Europa, dalla Polonia all’Ungheria e all’Italia, l’attacco ai diritti umani ed alla libertà di scelta e autodeterminazione delle donne." 

L'Umbria. "In Umbria sotto attacco è il diritto di aborto: nell’emergenza Covid l’interruzione volontaria di gravidanza chirurgica, non è più garantita in 5 ospedali su 9, mentre l’Ivg farmacologica è possibile solo in 3 ospedali, obiettori di coscienza permettendo. Dopo le nuove indicazioni emanate dal Ministero della Sanità le associazioni femministe umbre premono per un immediato ripristino della Ivg farmacologica senza obbligo di ricovero ospedaliero, contrariamente a quanto deliberato dalla Giunta regionale nel giugno scorso. Molte manifestazioni quest’anno si svolgeranno in forma virtuale, sui social e sui media."

Orvieto. "Anche nel territorio Orvietano i dati emersi e l’esperienza vissuta durante i nove mesi d’emergenza Covid hanno evidenziato un incremento dei casi e della gravità delle situazioni di violenza: diverse donne sono state costrette a lasciare le loro case a causa del partner violento. Nella fase attuale di seconda ondata di emergenza, con il prolungarsi della crisi lavorativa ed economica, cresce ancora la complessità nel gestire i percorsi di fuoriuscita dalla violenza, anche per le difficoltà di intervento di altri servizi preposti: mancanza di alloggi di emergenza e temporanei, intempestività per la copertura dei costi di accoglienza, tempi più lunghi per gli ordini di protezione, inadeguati e tardivi finanziamenti ai centri antiviolenza, tanto per citare le principali difficoltà. In questi nove mesi le donne si sono fatte carico, oltre al lavoro in smart working per chi lo ha mantenuto, degli impegni di famiglia con figli in casa da gestire, insieme ad anziani, malati e invalidi. Il Centro Antiviolenza "L’Albero di Antonia" di Orvieto ha operato, come tutti gli altri Centri, con le dovute strumentazioni e precauzioni, tramite attività webinair ed in presenza. Le criticità operative straordinarie sono state superate grazie ad un alloggio di emergenza concesso gratuitamente e grazie a coloro che hanno sostenuto economicamente il Centro e alcune donne utenti; un grazie anche alle associazioni locali di volontariato per il sostegno di prima necessità a donne in particolari difficoltà. Non ultimo, un ringraziamento alle operatrici volontarie dell’Albero di Antonia, che hanno operato all’insegna della sicurezza sanitaria, oltre che della privacy e della riservatezza, in un periodo difficile di grandi cambiamenti in un ambito delicato, complesso e impegnativo, iniziato oltre quindici anni fa per una volontà statutaria in favore dell’autodeterminazione delle donne, libere dalla violenza. I Centri antiviolenza si sono rivelati il più efficace presidio contro la violenza di genere, con un’esperienza collettiva più che trentennale." 

“Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”. "Ad alta voce quindi ricordiamo i femminicidi in Italia, una donna ogni tre giorni, circa 120 ogni anno, ai quali si aggiungono figli e vittime collaterali, secondo le statistiche dell’Osservatorio In quanto donna, confermate dal Censis, un po’ meno secondo i dati Istat. Ricordiamo in particolare i due femminicidi compiuti ad Orvieto, il 14 novembre 2019, di Rosalba Politi e Cinzia Carletti, “sparate” da Carlo Carletti, rispettivamente marito e padre delle vittime, che poi si suicida. Ad alta voce ricordiamo i silenzi di molti e le invettive sconcertanti di pochi, la narrazione tossica di buona parte dei media, colma di pregiudizi e stereotipi sessisti, con le vere vittime che spariscono dalla narrazione e la mistificazione tra vittima e carnefice: accade ancora, seppur il codice deontologico del "Manifesto di Venezia" dovrebbe essere assunto dai professionisti della stampa.

Il disconoscimento della violenza domestica e della violenza assistita dei figli è ancora troppo frequente: si ricorre ancora alla mediazione familiare, scambiando la violenza con il conflitto, e all’affidamento condiviso dei figli minori in casi di violenza, così come ancora si utilizza nei tribunali una sindrome non riconosciuta dall’Oms, la Pas-sindrome di alienazione parentale, per discreditare le donne nell’affido dei figli; ancora si pratica la strumentalizzazione dei tempi paritetici per non pagare l’assegno di mantenimento per i figli, la nomina di consulenti tecnici d’ufficio non esperti in materia di violenza, ma la lista può continuare. Le criticità sono tutte elencate nel "Rapporto Grevio", il gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d’Europa, che monitora l’applicazione della "Convenzione di Instabul" e presenta le raccomandazioni ai Governi per la piena applicazione della convenzione sulla prevenzione e contrasto della violenza contro le donne e della violenza domestica. La parte patologica delle criticità è radicata nella cultura patriarcale diffusa e trasversale nella società italiana che interpreta fatti e atti a dispetto della buona legislazione in materia."

Vignetta di Paolo Caruso per Sputnik, donata al Messaggero in occasione del 25 novembre 2020

 

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