PERUGIA - Nella sentenza della Corte d’assise d’appello che assolve Umberto Bindella dall’accusa di aver ucciso la studentessa pugliese Sonia Marra si parla di...
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Anche i soggetti visti incontrarsi con Sonia nell’androne dell’edificio o nel suo appartamento, diversi da Bindella, ben potevano avere a loro volta interesse a far sparire le tracce delle loro precedenti visite». Proprio per questo è «ancor più svilita la certezza che a entrare nella casa della giovane la sera della sua scomparsa sia stato l’imputato e non, magari, qualche altro conoscente». Secondo la sentenza «l’identificazione in Bindella del cosiddetto 'uomo nero' è stata fatta su base indiziaria ma il ragionamento deduttivo secondo cui l' 'uomo nero' sarebbe partecipe all’omicidio non può valere».
Scrivono i giudici: «Le incongruenze delle dichiarazioni rese dall’imputato potrebbero essere dovute a un suo istintivo tentativo di prendere le distanze da un caso che si prefigurava per lui quanto meno foriero di complicazioni e dai risvolti non propriamente graditi. Se è innegabile che Bindella abbia dato segno fin dall'inizio di voler minimizzare la natura e l’intensità dei suoi rapporti con la giovane scomparsa ciò potrebbe essere stato finalizzato a distogliere da sé un qualsiasi sospetto, specie in considerazione del suo scarso coinvolgimento emotivo per le sorti di una ragazza della quale non era innamorato, nonché l'attenzione dei mezzi di comunicazione, non è necessariamente indice di colpevolezza. Anzi, la prevedibile smentita di alcune dichiarazioni 'sminuenti' da lui rese per un verso potrebbe anche costituire segno di ingenua buona fede - riguardo l’omicidio - piuttosto che segno di un callido piano di sviamento delle indagini». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero