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Questo 2022 sarà ricordato anche per una spesa di Natale più sobria, fra tradizioni che resistono e conti che non tornano. Così, aspettando stipendi o tredicesime, nei negozi di vicinato si riscopre il rito dei piccoli crediti, fenomeno non dilagante ma che si calcola interessi in media il 3% dei clienti come rilevano Fida Confcommercio e il Codacons Umbria.
Dalla verdura al pesce, passando per i prodotti alimentari della tradizione natalizia il campionario di rincari per questo Natale 2022 è nutrito. Crescono le materie prime per la cucina fai da te, dalle farine al burro, e sono più care le verdure, dalle melanzane ai finocchi con rincari medi che (vedi tabella) variano dal 40 al 70%. Aumenti più contenuti, stando alle rilevazioni medie Istat di Perugia e Terni (ottobre/novembre 2022) dove il prodotto più rincarato è il salmone che rispetto allo scorso Natale costa il 20,4% in più. Le famiglie rispondono “alleggerendo” i carrelli. «Ci sono aumenti legati più a speculazioni che a rincari energetici o guerra in Ucraina», osserva Carla Falcinelli, presidente del Codacons Umbria. Dinamiche confermate dai negozianti. «Alcune aziende hanno ridotto la produzione per timore dell’invenduto e hanno cercato di fare lo stesso fatturato aumentando i prezzi – spiega Samuele Tognaccioli, presidente regionale Fida Confcommercio - ma per pandoro e panettone i costi sono cresciuti a causa dei rincari di materie prime come zucchero, burro, oli e farine. Il problema si pone in filiere non interessate da tali dinamiche: se il prezzo del parmigiano a 24 mesi non è cambiato, ad esempio, quello del pecorino è aumentato in modo esagerato tanto che siamo stati costretti a cambiare fornitore. Un prodotto anche di 30 giorni costa il 30% in più rispetto al 2021 e il consumatore reagisce preferendo il parmigiano come accadeva 10 anni fa, anche come regalo utile». Tra le tendenze di questo Natale, la riscoperta dei vini che presuppone al ritorno della socialità domestica. «C’è più consumo di vini – spiega Tognaccioli - anche in formati magnum con un ritorno alla tradizione. Questo vuol dire che si organizzano cene in casa con amici o parenti anche con piatti da asporto e si stappa una bottiglia più grande, di qualità».
Si fa di necessità virtù con molte persone che riscoprono anche il valore delle produzioni di qualità oppure, chi può spendere meno, di quelle povere. «Si dà più valore al cibo secco come facevano i nostri avi: parmigiano, baccalà, acciughe», aggiunge Tognaccioli. «Le fasce economicamente più deboli della popolazione, circa 3 famiglie su 10 – aggiunge Carla Falcinelli – sono costrette a tagliare i consumi di Natale, col carrello più leggero rispetto al 2021».
Il Messaggero