Perugia, morto con un ago nei polmoni: chiamato in causa l'ospedale. Chiesti 1,4 milioni di danni

L'ospedale di Perugia
L'avvocato Sara Falchi che assiste i familiari di Vincenzo Bosco, il 39enne morto il 22 aprile 2022 all’ospedale di Perugia dopo l’anestesia per un banale...

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L'avvocato Sara Falchi che assiste i familiari di Vincenzo Bosco, il 39enne morto il 22 aprile 2022 all’ospedale di Perugia dopo l’anestesia per un banale intervento al setto nasale «a causa di una grave insufficienza respiratoria acuta favorita dalla presenza di un ago da insulina nei polmoni», chiede un risarcimento danni di quasi 1,4 milioni di euro.

Nei mesi scorsi la vicenda giudiziaria ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di sette medici del Santa Maria della Misericordia accusati di omicidio colposo: tre di loro sono specializzandi. Secondo il legale di parte civile che assiste la compagna, la figlia che oggi ha cinque anni e il fratello della vittima invalido al 100%, i familiari «hanno diritto a vedersi risarcito il danno biologico terminale subito da Bosco deceduto 5 giorni dopo l’anestesia praticata in sala operatoria». Stando a quanto si legge nell’atto depositato ieri mattina nel corso dell’udienza preliminare che si è svolta davanti al giudice Piercarlo Frabotta «le sofferenze e l'agonia di Bosco sono rilevabili dalla cartella clinica e dall’esito della consulenza conseguente all’autopsia».

Chiesti dunque 300 mila euro come danno biologico, 363.420 per la figlia che all’epoca aveva quattro anni, 343.230 euro per la compagna e altrettanti per il fratello che «faceva esclusivamente riferimento per le proprie necessità quotidiane e di vita» su Bonzetto. Con tutti loro - si legge - c’era una «relazione affettiva molto intensa, convivenza, condivisione e dipendenza». L'avvocato Falchi ha chiamato in causa anche l'ospedale: il legale, infatti, ha ottenuto la citazione dell’ospedale come responsabile civile. I familiari - sostiene - hanno «diritto a vedersi risarciti tutti i danni patiti dalla morte del congiunto. Detti danni, derivanti da reato e illecito sanitario, consistono nella compromissione della relazione parentale, nelle sofferenze morali nello sconvolgimento di vita, nonché nella compromissione dei diritti anche a contenuto patrimoniale.

L’uccisione di Vincenzo Bosco ha definitivamente leso l'integrità morale di ciascuno dei parenti. La sua prematura e tragica morte, ha impedito ai suoi congiunti di riversare su di lui il loro affetto e realizzare se stessi anche nel godere e gioire della presenza del proprio parente, nell’arrecargli sostegno, nello stargli vicino nel corso di una normale esistenza che il medesimo avrebbe sicuramente continuato a vivere».

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Il Messaggero