L'ingegnere ternano dell'Asm Leonardo Carloni, dirigente del servizio ambientale, ha avuto giustizia. Ma solo a metà e dopo 12 anni dai fatti. Grazie alla sentenza...
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Secondo i giudici i fatti descritti nel capo di imputazione sono tutti provati nella loro materialità, riconoscendo espressamente l'attendibilità e la fermezza dello stesso dirigente: «L'ingegnere Carloni si legge ancora nella motivazione è stato sistematicamente disatteso nelle sue proposte, censurato per situazioni del tutto trascurabili, utilizzato per colpire altri dipendenti, esautorato di fatto dalle deleghe conferite, violato nella sua riservatezza (apertura di corrispondenza a lui diretta e mancato recapito della stessa), costantemente denigrato in occasione delle riunioni alle quali partecipava fino all'episodio culminato nell'averlo abbandonato fuori dall'ufficio ove avveniva la riunione, benché si fosse sentito male a tal punto da rendere necessario l'intervento del 118. L'intento finale - scrivono i giudici - era quello di isolare Carloni e di indurlo a dimettersi dall'Asm».
Una guerra vinta in parte, perché nelle sentenze non si parla ancora del reato di mobbing: «Purtroppo - dice l'avvocato Patrizia Bececco - pur essendo l'Italia Paese che ha aderito alle disposizioni europee per fronteggiare i maltrattamenti sul luogo di lavoro, non prevede il reato di cosiddetto mobbing. Fino a pochi anni fa l'indicazione di reato cui far riferimento per i maltrattamenti sul posto di lavoro, in mancanza di specifica normativa, era il reato di maltrattamenti in famiglia, mutuato dal fatto che molte imprese in Italia sono a conduzione familiare. Per questo motivo la battaglia si sposterà in sede europea per richiedere un ulteriore intervento verso lo Stato italiano per l'approvazione di una legge specifica sul mobbing, al pari di altri paesi europei».
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Il Messaggero