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Minacciata col coltello e sequestrata in bagno dal cliente che pretendeva la cocaina. È quanto denunciato da una prostituta sudamericana che vive a Perugia. Per questi fatti un elettricista perugino di 49 anni è sotto inchiesta, accusato di averla minacciata e di averle intimato di procurargli cocaina al termine di un rapporto sessuale. Sempre in relazione a quei fatti accaduti durante la notte tra il 21 e il 22 aprile 2022 l'imputato viene anche ritenuto responsabile di averla sequestrata per alcune ore nel bagno dell’appartamento dopo averle legato i polsi con il nastro adesivo. Accuse fortemente contestate dall'avvocato Gabriele Caforio: «Verrà dimostrata l’infondatezza dell’accusa poiché la versione fornita dalla presunta parte offesa è inverosimile. Nel caso di specie la questione può essere al massimo civilistica e lo dimostreremo nelle sedi competenti. L’elettricista non ha commesso alcun reato». Rinvio secco nell'udienza di ieri mattina davanti al gup Natalia Giubilei del capoluogo umbro. Il nuovo appuntamento a Palazzo di Giustizia è stato fissato al 20 febbraio in quanto la difesa ha chiesto di valutare l’ipotesi di un rito alternativo (forse abbreviato condizionato, ma non è ancora certo).
Secondo quanto ricostruito dalla Procura della Repubblica di Perugia l’uomo ha utilizzato «violenza e minaccia» nei confronti della persona offesa con la quale aveva «consumato un rapporto sessuale a pagamento». «Inizialmente l’ha costretta a tollerare la sua permanenza all’interno dell’abitazione rifiutandosi di uscire nonostante l'invito della donna - ha ricostruito il pubblico ministero Mara Pucci - poi le ha intimato di andare fuori per procurargli cocaina.
La ‘lucciola’ è stata «così privata della libertà di locomozione per un tempo apprezzabile, finché, verso le 3, l’uomo non veniva a assecondato con la falsa promessa di adempiere alle sue richieste». All'elettricista la Procura della Repubblica contesta l'aggravante della recidiva semplice. «I fatti esposti sono molto gravi - spiega l'avvocato Francesco Gatti nell'atto di costituzione di parte civile -. La mia assistita ha visto limitata la sua libertà personale in maniera rilevante e prolungata, si è sentita minacciata, lesa nella sua dignità di donna e di professionista. Essere una prostituta non significa che chiunque, sia esso anche il 'cliente' più importante, si può permettere di fare quel che vuole con il corpo e la libertà della donna». Gatti chiede «la condanna dell’imputato alla pena di ragione » e un risarcimento di 10 mila euro con una provvisionale immediatamente esecutiva di 5 mila euro.
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