Lavoro e redditi, la pandemia ha impoverito gli addetti privati

Lavoro e redditi, la pandemia ha impoverito gli addetti privati
PERUGIA L’emergenza sanitaria ha tagliato ore di lavoro ed entrate, col 2020 che in Umbria ha visto il numero degli addetti privati scendere di oltre 6.300 unità e il...

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PERUGIA L’emergenza sanitaria ha tagliato ore di lavoro ed entrate, col 2020 che in Umbria ha visto il numero degli addetti privati scendere di oltre 6.300 unità e il reddito medio del 6,9%. Una situazione analizzata dagli economisti Elisabetta Tondini e Mauro Casavecchia nell’approfondimento Aur, “La contrazione dei redditi ai tempi della pandemia”. Il quadro che emerge conferma il gap delle retribuzioni private (-9%), sul quale si allunga l’ombra dell’economia sommersa e illegale, ma che conferma anche il peso dell’impiego pubblico, un "esercito" di oltre 53mila addetti.


I ricercatori Aur hanno elaborato i dati dell’osservatorio Inps “Lavoratori dipendenti e indipendenti”, analizzando cosa accaduto nel 2020. Un anno che ha visto salire a 370mila il totale dei lavoratori, per il 53,2% impiegati nel privato e il 14,4% nel pubblico, il 20,1% autonomi. «Rispetto al panorama nazionale – si legge nel report - la regione si contraddistingue per una minore presenza di dipendenti privati, compensati da una maggiore incidenza di dipendenti pubblici, indipendenti (artigiani e commercianti) e lavoratori domestici». Rispetto al 2019 sono emersi 5.200 lavoratori in più, tra circa 1.600 dipendenti pubblici, la crescita del lavoro domestico e il fenomeno dei “voucher”. «Parliamo di circa 10mila unità collegate al bonus baby sitting introdotto come misura per fronteggiare le conseguenze del Covid-19, con un impatto marginale in termini di reddito, visto la ridotta durata lavorativa». Segnalato un calo di 6.345 dipendenti privati e di 759 unità tra artigiani e commercianti. All’aumento delle unità lavorative è corrisposto un calo del numero medio annuo di settimane lavorate, tre in meno, specie tra dipendenti privati e occasionali.

Il reddito da lavoro ha movimentato in tutto 7.351 miliardi di euro, pari all’1,3% del totale italiano. «Per oltre la metà provengono dal lavoro dipendente privato e per quasi un quarto dal lavoro dipendente pubblico», spiegano Tondini e Casavecchia. «Si conferma, anche con tale chiave di lettura, la maggiore presenza della Pubblica Amministrazione nel contesto regionale (in Italia le quote di reddito corrispondenti sono del 58 e 21%). In Umbria incide relativamente di più anche quanto dichiarato dagli autonomi, in particolare artigiani e commercianti». L’Osservatorio Inps contempla anche i “lavoratori con più posizioni”, persone che nel corso dell’anno cumulano più posizioni. «Ad esempio chi ha avuto un rapporto di lavoro domestico e ha svolto pure un lavoro occasionale». Tale categoria costituisce il 6,3% del totale, con un reddito medio da lavoro pari a 25.833 euro, il 33% in più rispetto a quello dei lavoratori con una sola posizione che si ferma a 19.466 euro, inferiore del 9% rispetto al valore nazionale (21.341 euro). L’entità più elevata (circa 33mila euro) corrisponde ai dipendenti pubblici e agli amministratori (dato superiore al livello nazionale), mentre arrivano quasi a 19mila euro commercianti, artigiani e dipendenti privati che presentano i valori più bassi rispetto al dato nazionale (-11%). «Un fenomeno non nuovo che si collega alle peculiarità degli assetti produttivi locali – polverizzati, nella parte centrale della filiera, specializzati in settori a minore intensità di ricerca e innovazione e a più basso valore aggiunto, tarati su modelli di gestione tradizionali e a bassa domanda di lavoro altamente qualificato – che determinano livelli di produttività inferiori». Ne consegue una dinamica retributiva che mantiene un gap di circa dieci punti percentuali rispetto al dato italiano, accentuato dalla presenza di componenti sommerse e illegali dell’economia. «Recenti stime Istat quantificano la parte non rilevata dell’economia al 15,3% del valore aggiunto totale – spiegano i ricercatori Aur - una percentuale più alta di quella media nazionale (12,6%)». La pandemia ha quindi influito sui livelli di reddito con una contrazione del 6,9% legata al minore tempo di lavoro occupato che conferma come la crisi Covid abbia colpito "con maggiore virulenza" la componente privata dell’economia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero