Lavoro e redditi, la pandemia ha impoverito gli addetti privati

Lavoro e redditi, la pandemia ha impoverito gli addetti privati
di Fabio Nucci
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Mercoledì 2 Febbraio 2022, 08:35 - Ultimo aggiornamento: 08:36

PERUGIA L’emergenza sanitaria ha tagliato ore di lavoro ed entrate, col 2020 che in Umbria ha visto il numero degli addetti privati scendere di oltre 6.300 unità e il reddito medio del 6,9%. Una situazione analizzata dagli economisti Elisabetta Tondini e Mauro Casavecchia nell’approfondimento Aur, “La contrazione dei redditi ai tempi della pandemia”. Il quadro che emerge conferma il gap delle retribuzioni private (-9%), sul quale si allunga l’ombra dell’economia sommersa e illegale, ma che conferma anche il peso dell’impiego pubblico, un "esercito" di oltre 53mila addetti.
I ricercatori Aur hanno elaborato i dati dell’osservatorio Inps “Lavoratori dipendenti e indipendenti”, analizzando cosa accaduto nel 2020. Un anno che ha visto salire a 370mila il totale dei lavoratori, per il 53,2% impiegati nel privato e il 14,4% nel pubblico, il 20,1% autonomi. «Rispetto al panorama nazionale – si legge nel report - la regione si contraddistingue per una minore presenza di dipendenti privati, compensati da una maggiore incidenza di dipendenti pubblici, indipendenti (artigiani e commercianti) e lavoratori domestici». Rispetto al 2019 sono emersi 5.200 lavoratori in più, tra circa 1.600 dipendenti pubblici, la crescita del lavoro domestico e il fenomeno dei “voucher”. «Parliamo di circa 10mila unità collegate al bonus baby sitting introdotto come misura per fronteggiare le conseguenze del Covid-19, con un impatto marginale in termini di reddito, visto la ridotta durata lavorativa». Segnalato un calo di 6.345 dipendenti privati e di 759 unità tra artigiani e commercianti. All’aumento delle unità lavorative è corrisposto un calo del numero medio annuo di settimane lavorate, tre in meno, specie tra dipendenti privati e occasionali.
Il reddito da lavoro ha movimentato in tutto 7.351 miliardi di euro, pari all’1,3% del totale italiano. «Per oltre la metà provengono dal lavoro dipendente privato e per quasi un quarto dal lavoro dipendente pubblico», spiegano Tondini e Casavecchia. «Si conferma, anche con tale chiave di lettura, la maggiore presenza della Pubblica Amministrazione nel contesto regionale (in Italia le quote di reddito corrispondenti sono del 58 e 21%).

In Umbria incide relativamente di più anche quanto dichiarato dagli autonomi, in particolare artigiani e commercianti». L’Osservatorio Inps contempla anche i “lavoratori con più posizioni”, persone che nel corso dell’anno cumulano più posizioni. «Ad esempio chi ha avuto un rapporto di lavoro domestico e ha svolto pure un lavoro occasionale». Tale categoria costituisce il 6,3% del totale, con un reddito medio da lavoro pari a 25.833 euro, il 33% in più rispetto a quello dei lavoratori con una sola posizione che si ferma a 19.466 euro, inferiore del 9% rispetto al valore nazionale (21.341 euro). L’entità più elevata (circa 33mila euro) corrisponde ai dipendenti pubblici e agli amministratori (dato superiore al livello nazionale), mentre arrivano quasi a 19mila euro commercianti, artigiani e dipendenti privati che presentano i valori più bassi rispetto al dato nazionale (-11%). «Un fenomeno non nuovo che si collega alle peculiarità degli assetti produttivi locali – polverizzati, nella parte centrale della filiera, specializzati in settori a minore intensità di ricerca e innovazione e a più basso valore aggiunto, tarati su modelli di gestione tradizionali e a bassa domanda di lavoro altamente qualificato – che determinano livelli di produttività inferiori». Ne consegue una dinamica retributiva che mantiene un gap di circa dieci punti percentuali rispetto al dato italiano, accentuato dalla presenza di componenti sommerse e illegali dell’economia. «Recenti stime Istat quantificano la parte non rilevata dell’economia al 15,3% del valore aggiunto totale – spiegano i ricercatori Aur - una percentuale più alta di quella media nazionale (12,6%)». La pandemia ha quindi influito sui livelli di reddito con una contrazione del 6,9% legata al minore tempo di lavoro occupato che conferma come la crisi Covid abbia colpito "con maggiore virulenza" la componente privata dell’economia.

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