Donna morta bruciata, le ultime parole: «Sono caduta e la sigaretta ha incendiato il pigiama»

Donna morta bruciata, le ultime parole: «Sono caduta e la sigaretta ha incendiato il pigiama»
PERUGIA - E' morta per le conseguenze delle vastissime ustioni riportate sul corpo all'alba del 2 novembre Antonella Rellini dopo essersi recata nel terrazzo...

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PERUGIA - E' morta per le conseguenze delle vastissime ustioni riportate sul corpo all'alba del 2 novembre Antonella Rellini dopo essersi recata nel terrazzo dell'ospedale di Assisi, in cui era ricoverata, per fumare una sigaretta. La conferma arriva dalla sala settoria del nosocomio di Perugia dove il medico legale Sergio Scalise ha svolto l'autopsia che in tutto è durata un paio d'ore. Esclusa ogni altra causa. L'esame si è svolto ieri pomeriggio. Le risultanze emerse dall'obitorio - sulle quali viene mantenuto il massimo riserbo - andranno inevitabilmente a incrociarsi con le informazioni a disposizione dei carabinieri di Assisi che hanno portato avanti accertamenti sin da quando è arrivata la segnalazione dall'ospedale a proposito di una persona gravemente ustionata. Tra queste ci sono le testimonianze raccolte da medici e infermiere che si trovavano di turno in corsia durante quella notte. Sin dall'inizio si è compreso della tragicità della situazione considerato che le scottature riguardavano almeno l'80 per cento del corpo della donna. La poveretta si trovava lì ormai da almeno una decina di giorni e anche in virtù del fatto che era affetta da una «neoplasia del colon in carcinosi peritoneale» era considerata una malata in fase ormai terminale.


Pezzi di vestiti bruciati sono stati notati sia sul pavimento che sopra il letto. In terrazza, più o meno sotto a una sdraia di plastica, è stato visto un accendino Bic viola e un pacchetto di sigarette insieme ad altri indumenti anneriti. Stando ad alcune testimonianze la Rellini era una fumatrice incallita e le capitava abbastanza spesso di recarsi in balcone per accendersi una sigaretta. L'incendio, più o meno, si è sviluppato intorno alle 4.30 del mattino, ora in cui l'allarme ha iniziato a fischiare con insistenza e un forte odore di bruciato ha cominciato a diffondersi tra le stanze e i corridoi del reparto. Tutto ciò mentre la poveretta era sdraiata in maniera scomposta sul letto con le gambe fuori dal materasso e i capelli avvampati.

Una delle testimonianze cruciali per provare a comprendere cosa sia realmente accaduto è stata offerta da un medico che ha potuto scambiare pochissime parole con la vittima deceduta qualche ora dopo a Perugia. Il medico, proprio durante il trasbordo da Assisi al Santa Maria della Misericordia in ambulanza, ha saputo dalla Rellini che era caduta in terrazzo dove la sigaretta che stava fumando le ha incendiato il pigiama. Soltanto dopo la poveretta era rientrata autonomamente nella stanza per adagiarsi sul letto dove è stata trovata.


I tasselli di questo puzzle verranno riuniti dal pubblico ministero Paolo Abbritti che coordina le indagini, sulla cui scrivania è finito anche il verbale della denuncia depositata dal marito della vittima che ha avuto modo di spiegare alla polizia la sequenza della tragica notte in cui è stato avvisato del dramma: «Alle 5.21 una badante che lavora all'Rsa mi ha informato che mai moglie era stata portata al pronto soccorso. Le ho chiesto perché e mi ha risposto che non poteva parlare». Tre minuti dopo ecco la «caposala della struttura»: «Anche in questo caso chiedevo di conoscere cosa fosse accaduto ma pure lei mi rispondeva che non poteva parlare e mi invitava a recarmi all'ospedale di Assisi dove mi veniva detto che Antonella era stata trasportata d'urgenza al pronto soccorso di Perugia». E' stato lì che «ho appreso dal personale sanitario delle sue gravissime condizioni avendo ustioni di secondo e terzo grado sull'80 per cento del corpo». E infine: «Doveva essere trasportata al centro grandi ustionati ma stante le instabili condizioni di cuore e cervello hanno ritenuto di non procedere al trasporto e di trasferirla nel reparto di terapia intensiva di Perugia».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero