TERNI - «Le porte chiuse sono quelle che ha trovato mia madre nel corso della sua vita professionale». Parte dal titolo Giovanna Tatò, per parlare del suo...
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Dalle sue 220 pagine esce il ritratto di una combattente. «Mia madre, ventenne, partecipò alla Resistenza e alla vita politica degli anni successivi. Suo padre, mio nonno, era un avvocato “fascistissimo”. E mio padre, ovvio, un antifascista. Fu mio zio, il fratello di mamma, ad offrirgli un riparo sicuro - quale nascondiglio migliore? - fu lì, nella casa di 16 stanze che stava dietro piazza Navona, che si conobbero». A vent’anni Erminia Romano lascia gli studi musicali e diventa partigiana combattente. Quindi si presume che abbia imbracciato un fucile prima della bacchetta che indica il tempo di un’opera. Quattro figli, gli ideali condivisi con Tonino Tatò, la ripresa degli studi, la carriera, le “porte chiuse”. Sul padre, il portavoce di Berlinguer, è stato scritto tanto, ma Giovanna riesce ad evidenziare le differenze tra l’impegno politico di vent’anni della vita di Tonino Tatò nel sindacato, e quello accanto a Berlinguer, durato altri vent’anni. Tutto sotto forma di lettera. Il libro avrebbe dovuto vedere la luce nel 2021 in occasione del centenario della nascita di entrambi i genitori, avvenuta nel medesimo mese di novembre del 1921, ma la concomitanza di circostanze avverse legate alla pandemia non lo ha consentito. Del libro si potrà parlare con l’autrice venerdì 19 maggio al Caffè letterario della Bct (ore 17). Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero