Calvi, teatro della memoria. Va in scena "Rikordami":«Gli ebrei siamo noi. Un dovere è farsi memoria della memoria»

Calvi, teatro della memoria. Va in scena "Rikordami":«Gli ebrei siamo noi. Un dovere è farsi memoria della memoria»
Ricordarsi di ricordare. Questo il tema che sottende "Rikordami", lo spettacolo sul cartellone di “Umbria on Stage - Interferenze”, progetto per la...

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Ricordarsi di ricordare. Questo il tema che sottende "Rikordami", lo spettacolo sul cartellone di “Umbria on Stage - Interferenze”, progetto per la realizzazione di spettacoli dal vivo promosso dall’associazione Athanor Eventi con il sostegno dei Fondi Por Fesr Umbria 2014-2020.

Una produzione tutta umbra interamente dedicata alla Giornata della Memoria.

Due gli appuntamenti in programma del progetto scritto da Antonio Fresa, che vedrà sul palco del teatro San Filippo Neri e di quello Degli Occhi a Calvi, i due attori Cristina Caldani e Massimo Manini.

Due date, la prima a Montefalco il 27 gennaio (Teatro Comunale San Filippo Neri, ore 21,15), la seconda a Calvi sabato 28 gennaio (Teatro degli Occhi ore 17,15).

Lo spettacolo narra la storia di due fratelli, un uomo e una donna senza nome. Lui introspettivo e contenuto negli atteggiamenti, lei più espansiva e con la gioia di vivere. Giocano, ricordando diversi momenti della loro vita passata, di svaghi quotidiani rubati all'infanzia e di un viaggio, di un ultimo viaggio fatto insieme ai propri genitori e a tantissima altra gente appartenente alla loro cultura, il popolo ebraico.

Man mano che il viaggio procede però, si restringono gli spazi attorno a loro; cambiano paesaggi e la luce si fa sempre più fioca. I profumi spariscono, per far spazio ad un putrido e fetido olezzo.

È in questo momento, che il viaggio dei due fratelli, prende due strade diverse fino arrivare a far porre loro una domanda: “Quando l'ultimo dei nostri testimoni ebrei avrà cessato di vivere, chi si ricorderà di ricordare?”.

Un progetto che si costituisce “parte civile” di una vicenda drammatica come la Shoah e che nel raccontare la vicenda di una famiglia, rende universale il suo destino. Dai curdi agli armeni, dai rohingya così come ad altre civiltà, lo spettacolo intende mettere lo spettatore di fronte alla responsabilità di “farsi ponte” tra il passato e il presente della propria storia. Perché il dramma vissuto dal popolo ebraico, a differenza di qualsiasi altro popolo, dai rastrellamenti alle deportazioni, dai campi di concentramento allo sterminio, è cosa che riguarda tutti.

«Dire che “gli ebrei siamo noi” - spiegao gli autori - non è un esercizio di stile o pura retorica da pronunciare solo il 27 gennaio di ogni anno allo scopo di lavarsi la coscienza. Ognuno di noi è ebreo in quanto riflesso di ciò che gli ebrei non sono. Ma è solo nello specchiarci dentro la loro storia, che possiamo avere l'immagine più vera di noi e della cultura da cui proveniamo; quella più dura e fastidiosa da accettare e che spesso, per autocompiacimento è stata distorta per nascondere scomode verità».


Per info e prenotazione spettacoli: athanoreventi@hotmail.com – www.ticketitalia.com – www.vivaticket.com

 

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Il Messaggero