Ast, il Ceo Burelli: «Mai cosi pochi infortuni in fabbrica. I nostri protocolli contro il virus hanno fatto scuola»

«Abbiamo avuto la miglior performance di sicurezza della nostra storia: un indice di frequenza di 3,4, vale a dire 12 infortuni in un anno. Nell'anno fiscale 2014/15...

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«Abbiamo avuto la miglior performance di sicurezza della nostra storia: un indice di frequenza di 3,4, vale a dire 12 infortuni in un anno. Nell'anno fiscale 2014/15 l'indice era 8,3. 24 infortuni». Il Ceo di Ast, Massimiliano Burelli, tira le somme a bilancio chiuso, in un momento molto delicato: il termine sicurezza, oggi, ha assunto un valore diverso. Non solo infortuni sul lavoro ma anche protezione dal virus. «Certo. Intanto, però, posso dire che la media della siderurgia italiana è 22. Ma per me l'obiettivo vero è zero infortuni».


Possibile riuscirci?
«Quando devi gestire i miglioramenti nell'ambito della sicurezza diventa fondamentale anche l'impegno delle persone, il fatto che la gente si renda conto che è possibile arrivare a infortuni zero. Noi abbiamo dato molta più priorità alla sicurezza in tutto quello che facciamo. Ogni riunione, ad esempio, inizia parlando di questo tema, abbiamo aumentato in maniera sostanziale la presenza in reparto. Ogni turno di lavoro comincia con i cinque minuti della sicurezza. Stiamo lavorando a fondo».

Ast ha ricominciato a lavorare in piena pandemia, non senza le preoccupazioni dei dipendenti e dei sindacati tutti.
«Oggi il protocollo che abbiamo applicato fa scuola. Siamo stati dei precursori. Siamo ripartiti il 6 aprile, pochissime altre aziende lo hanno fatto, il confronto con il sindacato ci è stato utile. Da allora non ci siamo mai fermati. Da poco abbiamo adottato i tag, i dispositivi che aiutano i dipendenti a rendersi conto se si avvicinano troppo l'uno all'altro. Inoltre, se un dipendente risulta positivo riusciamo a ricavare la catena dei contatti. In questo modo io posso mettere in isolamento solo chi è entrato in contatto a lungo con il lavoratore positivo e non tutto il reparto».
Sull'utilizzo dei tag i sindacati hanno sollevato problemi di privacy.
«I tag non sono geolocalizzati, non hanno microfoni, si scaricano le informazioni solo per capire chi è stato vicino a una persona positiva. E' una sorta di Immuni. Inoltre è stata ideata da Vetrya, un'altra azienda umbra. Abbiamo cominciato a parlarne a giugno anche con i sindacati. Si tratta di iniziative fatte per il bene di tutti e, lo ripeto, non c'è tracciamento».
Thyssen ha chiuso il bilancio. Sappiamo che anche per Ast sarà un anno negativo.
«Sì, sarà negativo. Già lo scorso anno non è stato facile arrivare in pareggio. Comunque la produzione da ottobre a dicembre è ai livelli pre covid, ci sono buoni segnali. I prezzi, invece, sono ancora bassi. Non credo che arriveremo a usare ancora la cassa integrazione se non in maniera sporadica».

Vendita Ast. Ci sono sei manifestazione d'interesse.
«Sì, a breve ci saranno i presupposti per nominare un advisor».

Recovey Fund: potrebbero essere un'opportunità?
«Stiamo lavorando con Federacciai: quando il quadro sarà più chiaro ci faremo sicuramente trovare pronti».

Politica e sindacati chiedono un incontro al Mise.

«Non siamo una azienda in crisi e siamo in una fase di vendita. Non posso fare promesse a cui il nuovo proprietario potrebbe non essere interessato. Andiamo avanti con professionalità e la diligenza del buon padre di famiglia: non sarà il far west e non si fermeranno gli investimenti».
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Il Messaggero