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PERUGIA - Sempre più anziani umbri richiedono assistenza, con il fenomeno delle badanti che rischia di sbandare tra gli esborsi da parte delle famiglie coinvolte e le questioni che riguardano la trasparenza del settore. Ogni anno le persone con difficoltà riconducibili all’autosufficienza devono far conto sull’assistenza da parte di badanti per un costo medio di 7 mila euro, che moltiplicato per il numero di lavoratori domestici fa raggiungere una cifra da capogiro: 146 milioni di euro spesi complessivamente per aver un aiuto in casa. Con l’esercito di colf e badanti che dopo un piccolo stop degli anni passati, cresce sul fronte assistenti familiari fino ad arrivare a 18.268 unità. Tanto da far riesplodere l’emergenza costi, con il sindacato Spi-Cgil che chiede di regolamentare meglio il settore con l’istituzione di un vero e proprio albo delle badanti, incidendo anche sul fronte della spesa: «Va potenziato il pilastro rappresentato dall’assistenza domiciliare e rafforzata l’idea di co-housing – dice Mario Bravi, segretario generale dello Spi Cgil Perugia – Un’esperienza innovativa che consente di mantenere la residenzialità insieme alla condivisione di servizi e relativi costi: nel contempo va dato più spazio ai centri diurni e alle case della salute. Per esempio, in provincia di Perugia il 20% degli over 65, circa 35mila persone, hanno limitazioni funzionali, per questo servono interventi personalizzati caratterizzati da flessibilità e integrazione». Nel dettaglio, secondo lo Spi «un anziano su tre con limitazioni funzionali risulta avere una badante, il cui numero nella provincia di Perugia è superiore alle 15mila unità. Anche su questo versante serve trasparenza, chiarezza e la definizione di un albo che garantisca diritti e professionalità». Occhi puntati, quindi, sul pianeta badanti che secondo i dati di Domina, l’Osservatorio nazionale sul lavoro domestico (con la collaborazione della Fondazione Leone Moressa di Mestre), l’attenzione va posta anche sulla sanatoria dei lavoratori domestici stranieri «che potrebbe portare a un aumento di 1.744 di lavoratori nella nostra regione». Osservatorio che si è occupato anche di fare l’esatta fotografia del fenomeno: infatti il 53,6% dei domestici proviene dall’Est Europa, sono quasi tutte donne (91,6%) e hanno in media 49,5 anni. L’incidenza degli italiani è maggiore nelle famiglie che non richiedono la convivenza (34%)”. Ma è sull’impatto economico per le famiglie che l’attenzione si ferma: «Complessivamente, nel 2019, - recita il rapporto - le famiglie della regione hanno speso 146 milioni di euro per la retribuzione dei lavoratori domestici; la cifra comprende stipendio, contributi e Tfr.
Il Messaggero