Saverio Valentini un normodotato che ha deciso giocare in carrozzina per amicizia e per il Santa Lucia

Saverio Valentini un normodotato che ha deciso giocare in carrozzina per amicizia e per il Santa Lucia
Ci sono storie che vanno al di là della ragione. Sono solo sentimento e una giusta dose di follia. Eh sì, perché per abbattere le barriere della...

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Ci sono storie che vanno al di là della ragione. Sono solo sentimento e una giusta dose di follia. Eh sì, perché per abbattere le barriere della diversità ci vuole proprio quel tocco in più. Quello che ha spinto Saverio Valentini, atleta normodotato, a sedersi su una carrozzina e iniziare a giocare a basket. Poesia più che prosa. A spingerlo in questa avventura è l'amico di sempre Marco Stupenengo, uno degli atleti più promettenti del Santa Lucia. Saverio e Marco sono grandi amici e il legame non si spezza, anzi si rafforza, quando quest'ultimo a causa di un incidente diventa paraplegico. “All'inizio è stato più un gioco. Ho inizato in estate con loro, giusto qualche partitella” racconta Saverio. Man mano che gioca le sensazioni positive lo invadono. “Il tutto è iniziato circa sette anni fa e inizialemnte mi univo a loro solo per le partitelle estive. Poi però mi son detto perché non farlo diventare un impegno vero? E così è stato”.


Quale iter ha dovuto seguire?

“Nulla di così complicato. Mi sono iscritto alla federazione, alla quale tutti si possono iscrivere, e da lì ho iniziato. Inizialmente con la squadra di Serie B che il Santa Lucia aveva messo su quell'anno. Poi sono passato alla Lazio e successivamente al Don Orione” .

E ora è tornato al Santa Lucia?

“Sì, e sono felicissimo perché finalmente posso giocare di nuovo con il mio amico Marco. Putroppo la situazione non è delle migliori ma sono molto fiducioso che il Santa Lucia possa tornare di nuovo agli antichi splendori”.

Quanto manca?

“Dal punto di vista economico non saprei dire, ma siamo un bel gruppo. Avremmo bisogno di qualche ricambio in panchina”.

Ma è stato difficile il passaggio dal basket in piedi a quello in carrozzina?

“Non è stato facilissimo. La cosa più complicata è controllare la carrozzina e contemporaneamente palleggiare. Mi ci sono voluti 5 mesi per cominciare a sentirmi a mio agio. E non posso assolutamente paragonarmi a chi lo fa da anni. Da poco mi è anche arrivata la carrozzina nuova”.

Ci dice la cosa più bella di questo sport?


“Sicuramente l'unità. Le spiego. Rispetto al basket in piedi il gruppo fa molto la differenza. Bisogna essere uniti per poter vincere. Le faccio un esempio un campione dell'Nba da solo può fare anche 50 punti, nel basket in carrozzina anche i grandi campioni hanno bisogno dei compagni. Sono fondamentali i blocchi. Uniti si vince. E uniti riusciremo a salvare il Santa Lucia”.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero