Quale iter ha dovuto seguire?
“Nulla di così complicato. Mi sono iscritto alla federazione, alla quale tutti si possono iscrivere, e da lì ho iniziato. Inizialmente con la squadra di Serie B che il Santa Lucia aveva messo su quell'anno. Poi sono passato alla Lazio e successivamente al Don Orione” .
E ora è tornato al Santa Lucia?
“Sì, e sono felicissimo perché finalmente posso giocare di nuovo con il mio amico Marco. Putroppo la situazione non è delle migliori ma sono molto fiducioso che il Santa Lucia possa tornare di nuovo agli antichi splendori”.
Quanto manca?
“Dal punto di vista economico non saprei dire, ma siamo un bel gruppo. Avremmo bisogno di qualche ricambio in panchina”.
Ma è stato difficile il passaggio dal basket in piedi a quello in carrozzina?
“Non è stato facilissimo. La cosa più complicata è controllare la carrozzina e contemporaneamente palleggiare. Mi ci sono voluti 5 mesi per cominciare a sentirmi a mio agio. E non posso assolutamente paragonarmi a chi lo fa da anni. Da poco mi è anche arrivata la carrozzina nuova”.
Ci dice la cosa più bella di questo sport?
“Sicuramente l'unità. Le spiego. Rispetto al basket in piedi il gruppo fa molto la differenza. Bisogna essere uniti per poter vincere. Le faccio un esempio un campione dell'Nba da solo può fare anche 50 punti, nel basket in carrozzina anche i grandi campioni hanno bisogno dei compagni. Sono fondamentali i blocchi. Uniti si vince. E uniti riusciremo a salvare il Santa Lucia”.
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