Sei Nazioni, il ct O'Shea dopo il ko di Murrayfield: «Così cambierò il rugby italiano per farlo rinascere»

Conor O'Shea
dal nostro inviato EDIMBURGO La voce bassa, perché il 29-0 gli brucia sulla pelle. Conor O'Shea è appena uscito dagli spogliatoi degli azzurri che sono a pochi...

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dal nostro inviato
EDIMBURGO La voce bassa, perché il 29-0 gli brucia sulla pelle. Conor O'Shea è appena uscito dagli spogliatoi degli azzurri che sono a pochi passi dalla sala stampa nel ventre di Murrayfield. Con i suoi giocatori ha spezzato il pane duro della sconfitta, ancora più amara per il senso di impotenza degli italiani. Poi l'irlandese passa all'attacco senza mai alzare il tono, guardando negli occhi i cronisti davanti a lui.

«Sono un tipo positivo, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Ma non sono uno stupido, non sto qui a perdere tempo. Ho fiducia in questo gruppo, resto convinto che possiamo diventare un'ottima squadra. Ma gli investimenti devono essere fatti nell'interesse esclusivo della Nazionale».

«È l'Italia l'unica cosa che conta. Le decisioni che dovremo prendere faranno male a qualcuno, ma Irlanda, Galles, Scozia hanno fatto scelte difficili per il rugby di club, investito sulle franchigie. È facile fare questi cambiamenti, a patto di volerlo. Sarà difficile? Sì, ma è fattibile e deve essere fatto. Qualcuno dovrà mettere il proprio ego da parte nell'interesse della maglia azzurra».

Il ct ha debuttato nel Torneo rimediando un cucchiaio di legno, come non era mai accaduto ai tecnici che l'hanno preceduto dal 2000.
«Certo sono deluso ma sono ancora più fiducioso e determinato di quando ho iniziato questo progetto. Sarà dura? Sì, ma dobbiamo cambiare il sistema, creare le giuste condizioni attorno a questo gruppo di giocatori o continueremo a giocare contro i favori del pronostico. È molto difficile parlare di una sconfitta come questa, perché non credo che ci siano 29 punti di differenza tra queste due squadre. A metà tempo, sotto per 15-0, potevamo rientrare in partita e nei primi 15-20' della ripresa abbiamo dominato nel possesso ed in ogni fase del gioco. Ma non abbiamo mai segnato».

«Il rugby è un gioco dove l'aspetto psicologico è fondamentale - continua - se non segni perdi fiducia ed è quello che ci è successo oggi. Ed è accaduto perché manca la fiducia, manca l'abitudine: è qui che dobbiamo migliorare, dobbiamo prendere le opportunità quando ci si presentano. Sappiamo dove vogliamo andare ed il gap non è insormontabile: ci sono tanti giovani nella nostra squadra, e spero abbiamo imparato da questo torneo quanto ho imparato io. Oggi non hanno attorno a loro il sistema di cui hanno bisogno per giocare in modo equo contro gli avversari. Sta a noi costruire questo sistema attorno a loro».

IL CAPITANO PARISSE

«Se si guarda ai risultati - dice invece capitan Parisse - è molto difficile vedere gli aspetti positivi, ma da capitano, da atleta che vive questo gruppo dal di dentro, vedo la crescita e i progressi di questi mesi. Io sono un giocatore che si interroga sempre sulla propria performance, sui propri errori, sugli aspetti del gioco da migliorare. Mi auguro tutti lo facciano, perché uscire dal campo oggi sconfitti per 29-0 è dura. Ora Conor e il suo staff si incontreranno, faranno le loro valutazioni. Tanti giocatori hanno avuto le loro opportunità, starà ai tecnici valutare con chi continuare a lavorare e chi merita ulteriori chance a questo livello».
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Il Messaggero