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L'anno è il 2008. È estate e Mourinho s'insedia alla Pinetina. Il 16 luglio, con qualche giorno di ritardo rispetto ai compagni, arriva Dejan Stankovic, al centro d'insistenti voci di mercato: «I giornali mi avevano già scaricato dall'Inter (c'era una trattativa molto avanzata con la Juventus, ndr) - racconta - Appena scendo dall'auto, lo vedo che mi guarda dalle scale. Vieni, ti sto aspettando. Dentro di me penso, È arrivato il momento di fare le valigie, peccato. E invece José mi sorprende, Sei la mia scommessa di quest'anno, ti rivoglio ai livelli della Lazio. Tu sei amico di Mancini e va bene. Tra due mesi, nessuno dice che non possiamo diventarlo anche noi. E così è stato, dopo per lui avrei dato il sangue». Breve sunto del rapporto tra Stankovic e Mourinho. Due amici che domani saranno uno contro l'altro: il serbo alla ricerca del primo acuto in campionato per la Sampdoria (ferma a quota 3), la vecchia volpe di José per rimanere attaccato al treno delle primissime.
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UNITI E VINCENTI
Non è difficile capire la sintonia nata tra i due. Stankovic, 81 presenze e 10 reti tra il 2008 e il 2010, ha rappresentato per Mourinho il centrocampista ideale. Quello che poteva giocargli mezzala in centrocampo a tre, mediano di qualità in quella a due e all'occorrenza anche trequartista: «Tu gli potevi chiedere - ricorda Mou - Dejan qual è la tua posizione? e lui ti rispondeva Dove hai bisogno tu, mister». Un jolly che sapeva segnare da lontano (memorabile il gol al Genoa da 54 metri!) o partendo da dietro. Nemmeno a dire che nella Roma attuale avrebbe una delle primissime maglie da titolare. Un rapporto speciale che ha visto anche degli scontri accesi, tra due che hanno personalità da vendere: «Una volta dopo una sconfitta - ha raccontato Dejan un anno fa a Dazn - mi prese davanti a tutti e mi attaccò al muro. Mi disse: Oh zing...', vuoi tornare a giocare come prima o ti metti di fianco a me e non ti alzi più? Io voglio il vecchio Stankovic, voglio che mangi l'erba'».
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CONTA SOLO VINCERE
Immutabile invece la considerazione sul vecchio mentore, sentito nei giorni scorsi attraverso una video-call nel gruppo Whatsapp del Triplete: «Grazie a José ho scoperto un altro Stankovic, nelle difficoltà è sempre l'uomo a fare la differenza. Non il calciatore o l'allenatore. Nel calcio e nella vita bisogna avere le palle, non mollare mai». E come Mou, ha trovato la frase ad effetto per presentare Sampdoria-Roma: «Mille e passa panchine contro una in serie A». Non male in effetti. Chissà cosa ne pensa José che dopo Shevchenko e Thiago Motta, è pronto ad incrociare un altro allievo. Oggi il portoghese darà seguito ormai al silenzio che segue ad una partita europea. E sarà un peccato non ascoltarlo ricordare degli aneddoti legati a Stankovic e presentare una gara che per la Roma vale oro. Al di là del cambio in panchina, i giallorossi affrontano il fanalino del campionato che in 9 partite ha pareggiato tre volte, segnando appena 5 reti, subendone 17 (peggio ha fatto soltanto la Cremonese). Chissà che non sia la volta buona per porre fine all'emorragia difensiva. La Roma continua a prendere almeno un gol a partita. La regolarità è impressionante: 6 nelle ultime 5 gare, 13 nelle ultime 8 (soltanto l'Helsinki è rimasto a secco, colpendo tra l'altro un palo). Troppi per uno come Mourinho. E Stankovic, lo sa bene: «Ora che sono diventato allenatore, mi sono reso conto che José aveva ragione. Perché giocare bene aiuta ma poi la partita si dimentica, quello che resta è solo il risultato».
Il Messaggero