Rugby Sei Nazioni, il commento: da Cardiff a Roma, rivoluzione in 12 mesi

Una nazionale «giovane ed elettrica» affidata al ct Crowley e al capitano Michele Lamaro ha restituito sorrisi ed entusiasmi

Paolo Garbisi (Foto Cfp)
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 Dove eravamo un anno fa, appena un anno fa, alla vigilia di Galles-Italia a Cardiff? Quanto era pesante King Kong sulle nostre spalle, gravate da 36 sconfitte consecutive nel Sei Nazioni nell’arco di 7 anni? E dove siamo invece adesso, dopo 10 partite infiocchettate da 5 vittorie di cui due clamorose (Galles e la prima volta con l’Australia) e solo un ko (Georgia) da vecchi incubi? Siamo al punto che in questo Torneo abbiamo rischiato di vincere con la Francia, numero 2 al mondo, e abbiamo messo in difficoltà fino alla fine la magna Inghilterra e persino l’Irlanda, numero 1 mondiale.

 

 

E oggi all’Olimpico partiamo quasi alla pari con il Galles, che vivrà pure una fase travagliata della sua trisecolare storia, ma che resta il paese più ovale di tutti a parte la Nuova Zelanda. Un anno, in un gioco complesso come il rugby in cui siamo gli ultimi arrivati in ritardo di un secolo, è veramente un amen, ma questa nazionale «giovane ed elettrica» affidata al ct Crowley e al capitano Michele Lamaro ha davvero restituito sorrisi ed entusiasmi a chi, nonostante tutto, ha continuato a credere al nostro diritto di “abitare” nel Torneo più bello che è pronto a riservarci le gioie più travolgenti. 
 

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Il Messaggero