Roma, Pallotta: «Zaniolo è arrivato grazie a Baldini. Totti? All'inizio voleva allenare»

James Pallotta torna a parlare della Roma. In una lunga intervista rilasciata al portale “The Athletic” l'ex presidente ha rivelato alcuni retroscena della sua...

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James Pallotta torna a parlare della Roma. In una lunga intervista rilasciata al portale “The Athletic” l'ex presidente ha rivelato alcuni retroscena della sua gestione, come quello dell’acquisto di Zaniolo: «È stato 100% merito di Baldini. Franco chiamò l’Inter e disse loro che non avremmo ceduto Nainggolan se non in cambio di Zaniolo. Monchi chiese chi fosse».

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A segnare la presidenza Pallotta è stato l’addio di Francesco Totti: «È stato a Roma per 30 anni. Ogni giorno si alzava e andava a Trigoria. Accettammo di onorare l’impegno della proprietà precedente con un contratto da 6 anni come dirigente. Ebbi una discussione con lui, chiedendogli cosa avrebbe voluto fare nella vita dopo il ritiro. Rispondere era difficile per la Roma e lo era per lui. Una delle voci del suo biopic dice che non ci poteva credere e che avrebbe preferito pensare al passato Totti voleva allenare. Gli dissi che doveva capire che per allenare non solo avrebbe dovuto studiare, ma farlo per 80 ore a settimana e che non capivo perché volesse fare quello. E allora gli abbiamo portato dei professori e abbastanza rapidamente decise che allenare non sarebbe stata la cosa giusta. Gli dissi che aveva uno stile di vita bello e che il contratto di 6 anni da dirigente, che per molte persone era un ottimo contratto con molti soldi, lo avrebbe abituato a uno stile di vita leggermente diverso. E abbiamo cercato di coinvolgerlo nel marketing e nello staff degli sponsor, in modo che avrebbe potuto aiutare a chiudere certi affari. Da possibile direttore tecnico aveva degli input, e noi veramente volevamo che ne avesse anche di più. Lo abbiamo invitato numerose volte a Boston per le riunioni, a Nantucket e a Londra».

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Il flop più grande è stato la scelta del direttore sportivo Monchi che ha concluso degli affari che indebitato gravemente la Roma: «Non voleva ricevere aiuto, non ascoltava nessuno. Non importa cosa avremmo avuto da dire. Un altro errore che ho fatto è che avrei dovuto rendermi conto che si faceva chiamare Monchi. È come se ti facessi chiamare Madonna. Doveva essere un segnale di avvertimento. Non puoi avere un piano B se non hai un piano A. Alla fine, credo che non avesse un piano A».

Infine, sullo stadio: «Avevamo un sacco di grandi sponsor che volevano essere coinvolti. La Coca-Cola era una di questi. Sono andato ad Atlanta per parlare con loro. Lo stadio sarebbe stata la struttura più utilizzata nell’Europa meridionale. Sapevamo di avere enormi opportunità di generare ricavi che sarebbero stati reinvestiti nella squadra».

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Il Messaggero