Roma, Olsen un angelo custode

Roma, Olsen un angelo custode
Eppure qualcuno nei giorni scorsi lo avrà pure detto o di sicuro per la testa gli è passato questo cattivo pensiero: ma perché non fare giocare ancora...

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Eppure qualcuno nei giorni scorsi lo avrà pure detto o di sicuro per la testa gli è passato questo cattivo pensiero: ma perché non fare giocare ancora Mirante? L’uomo, si sa, vive di peccati, questo pensiero ne è la rappresentazione. Peccato veniale, si intende. Alla base, forse, c’è che Olsen ha sempre convinto tutti sì, ma fino a un certo punto. E’ il classico portiere bravo fino a prova contraria, quello che piace ma non ti fa innamorare. Sai quello che dice, “eh ma Alisson...”; “eh ma non te salva mai...”; “eh a me non convince, ha solo tanta fortuna”, ecco quante ne abbiamo sentite di frasi di questo tipo? Tante, spesso.


C’è quel detto che dice: meglio un portiere fortunato che bravo. Contro il Bologna, lo svedese ha dimostrato di nuovo entrambe le qualità: bravo nel volare a prendere la botta terrificante di Soriano, bravo ancora a terra su Edera e poi su Poli, fortunato nel vedersi finire il colpo ravvicinato sempre di Soriano prima addosso e poi sulla traversa, il tutto sul finire del primo tempo. Alla fine ti salva Olsen, quello che “eh ma”, quello che stavolta poteva prendere gol solo da uno che si chiama Sansone. Questo portiere il suo lo ha sempre fatto, e certo gli esteti del ruolo preferiranno sempre Alisson. Ma Mirante magari non lo penseranno più come titolare, nemmeno per una forma scaramantica (presente con Chievo e Porto, due vittorie). Per evitare altri peccati. Veniali, si intende.
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Il Messaggero