Roma, Fonseca alla prova dell'abbondanza

Roma, Fonseca alla prova dell'abbondanza
Alla luce delle due sconfitte che hanno preceduto la pausa (Moenchegladbach e Parma) e che hanno proiettato al momento la Roma fuori dalla zona Champions (è sesta) e a...

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Alla luce delle due sconfitte che hanno preceduto la pausa (Moenchegladbach e Parma) e che hanno proiettato al momento la Roma fuori dalla zona Champions (è sesta) e a rincorrere nel girone di Europa League (dov’è terza a due gare dal termine), sarebbe ingiusto dimenticare il lavoro di Fonseca nell’emergenza. Poche mosse ma efficaci per la riqualificazione del gruppo, evidenti nel trittico Milan-Udinese-Napoli. A partire dalla scelta di impiegare un terzino più fisico a destra (Spinazzola o Santon), passando per Mancini mediano nel 4-1-4-1 in proiezione difensiva e rispolverando Pastore che ai più sembrava ormai un calciatore destinato a campionati esotici. Ora, però, il momento del bisogno è finito ed è quantomeno curioso capire come si comporterà il tecnico. Non tanto nel turnover che ha dimostrato, prima dell’ecatombe d’infortuni in serie che ha colpito la rosa, di saper e voler attuare (5 o 6 cambi nelle prime due gare con Basaksehir e Wolfsberger tra Europa e campionato). Quanto invece nel modulo e soprattutto nell’atteggiamento tattico. 

TEMPO DI SCELTE 
La Roma nell’emergenza s’è riscoperta più guardinga, meno spettacolare e ha dato il meglio di sé quando ha incontrato squadre che hanno accettato di fare la partita e non chiudersi. Cosa accadrà adesso che avrà di nuovo la qualità a disposizione? La mossa che viene scontata pensare è arretrare Mancini (al posto del titubante Fazio) vicino a Smalling e spostare Pellegrini di nuovo a centrocampo, per non perdere il momento-sì del Flaco. Ma Lorenzo, dopo esser stato schierato nelle prime due gare di campionato proprio in quel ruolo, è esploso come trequartista, regalando alla Roma un’impronta più aggressiva e spavalda (con tanto di assist a ripetizione ai compagni: 4 in 7 partite) di quanto sia riuscito all’argentino. L’idea che ha di Mkhitaryan, il tecnico l’ha invece confessata nelle poche battute rilasciate qualche giorno fa a Nyon: «Il ritorno di Miki può aiutare molto Dzeko». In effetti a pagare il ko dell’armeno (e di Pellegrini) è stato soprattutto Edin. Il bosniaco, dopo il Lecce (quando sono usciti di scena il nazionale azzurro e l’ex Arsenal), ha segnato soltanto al Milan. Un’inversione di tendenza preoccupante: 6 gol nelle prime 7 gare stagionali, 7 su 9 fino alla trasferta in Salento, appena 1 su 9 (considerando che all’andata col Wolfsberger non è entrato) sino all’attuale pausa. Mkhitaryan è però un calciatore diverso da Kluivert, meno propenso a cercare la profondità rispetto all’olandese. Senza contare che sul versante opposto Under, titolare prima dell’infortunio, ora è dietro a Zaniolo. 
PARADOSSI

Può apparire un paradosso ma Fonseca dovrà esser bravo - oltre a mantenere l’equilibrio tattico raggiunto - anche a controllare quello nello spogliatoio. Perché è più facile gestire una rosa dove i titolari sono riconosciuti e le riserve sono consapevoli del loro status. Chi nell’emergenza è riuscito ora a ritagliarsi un posto al sole, difficilmente accetterà di fare un passo indietro. Si chiama «abbondanza» che per ogni tecnico - dalla serie A ai dilettanti - viene sempre considerata «un bene, un vantaggio». Ma che come tutti gli eccessi (passare di colpo dalla penuria alla possibilità di scegliere, scontentando inevitabilmente qualcuno), va maneggiata con cautela. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero