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Non ha parlato per 40 giorni. Ma in 48 ore è stato capace di ricordare per tre volte che gli «manca ancora qualcosa». Del resto Mourinho è fatto così. Dietro una carezza («Mercato fantastico») è capace di girare il palmo della mano e metterti sul piatto la nuda realtà («...ma di reazione, non programmato»). Lo fa giocando col tempo («Magari quello che serve arriverà l’estate prossima»), abbassando di pari passo l’asticella delle aspettative («...così penseremo alla seconda stagione in modo diverso») e non dimenticando i dettami di uno dei filosofi più celebri del Rinascimento francese, De Montaigne: «La parola è per metà di colui che parla e per l’altra metà di colui che l’ascolta». José, maestro di comunicazione, lo sa bene. E uscendo allo scoperto ha voluto parlare chiaro. Non ai Friedkin o a Pinto, con i quali si relaziona quotidianamente. Ma con media e tifoseria. Perché forse quanto detto prima del suo sbarco a Roma («Se uno pensa che il progetto sarà, ‘Domani arrivo e dopodomani vinciamo’... beh, questo non è un progetto») o il giorno della presentazione alla Terrazza Caffarelli («Noi parliamo di tempo, voi di titoli»), è stato già dimenticato. E in effetti non c’è intervista o conferenza nella quale non gli venga chiesto «se questa può essere la stagione per regalare un sogno alla Roma». Allora tanto vale ricordarlo. Si continua infatti a parlare di successi quando la rosa non è completa. Manca il regista ma non solo. Perché lo Special One non disdegnerebbe nemmeno l’arrivo di un altro terzino destro che possa alternarsi con Karsdorp, mandando Reynolds a fare esperienza. E in ballo, anche se adesso l’idea appare accantonata, c’era anche di acquistare un «difensore di spessore». Tanto vale allora essere chiari, ricordando la base di partenza: «Abbiamo finito 29 punti dietro l’Inter, a -16 dalla Champions, e siamo reduci da due stagioni chiuse al sesto (quinto, ndr) e al settimo posto. Ci saranno pareggi e qualche sconfitta anche se dovremo affrontare ogni partita pensando di poterla vincere».
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Si fa quindi branco verso l’esterno ma per certi versi si rimane lupi solitari all’interno.
Il Messaggero