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Fonseca sa bene che il posto Champions non arriverà in regalo a fine stagione. C’è da conquistarlo. L’obiettivo resta complicato, oggi come ieri, per il numero delle iscritte alla corsa verso l’unica Europa che conta. E a Trigoria è anche decisivo per il futuro dell’allenatore. Non c’è da stupirsi, però: è la priorità della nuova proprietà come lo fu per anni della vecchia. Il portoghese ha dunque il compito, nelle 17 giornate che mancano al traguardo, di correggere i difetti e di confermare ovviamente i pregi. Il rendimento della Roma non è da bocciare. Semplicemente è da analizzare, in quanto strano (che nessuno si offenda). Esempio: l’attacco va ed è il 4° migliore della serie A. Ma spesso fa cilecca negli scontri diretti, i tiri, pochi o tanti che siano, non inquadrano mai la porta. E nessuno, nemmeno tra lo staff tecnico, sa chiarire perché. Oppure: la difesa è fragile, solo 8 formazioni hanno fatto peggio della Roma. I giallorossi giocano, gli avversari segnano. Gli errori dei singoli non mancano in nessuna partita. Anche in quelle vinte.
EXIT STRATEGY
La lettura dei 28 match (coppe comprese), dunque, è più semplice di quanto si possa pensare.
METÀ DELL’OPERA
Pedro ed El Shaarawy, insomma, in più per difendere il 4° posto. E, scegliendo un percorso differente dalle rivali, anche per dare un senso al lavoro dell’allenatore. Che, non a caso, avrebbe voluto Milik al posto di Dzeko per questa stagione. Perché la Roma, tra le big, è l’unica senza finalizzatore (in campionato, dopo 21 partite, nessun attaccante giallorosso in doppia cifra). Pensate a Ibrahimovic nel Milan, Lukaku e Lautaro nell’Inter, Cristiano Ronaldo e Morata nella Juve, Immobile nella Lazio, Zapata e Muriel nell’Atalanta, Mertens e Osimhen (volendo anche Petagna) nel Napoli. Milik, più abile dentro l’area dell’ultimo Dzeko (e anche più disinvolto ad andare in profondità, come lo sarebbe stato Sanchez), non c’è. Ecco perché sarà fondamentale, attorno a Dzeko in veste di pivot, sfruttare chi gli gioca alle spalle. I più esperti: con il centravanti, ecco Mkhitaryan, Pedro ed El Shaarawy. A loro va aggiunto il jolly Pellegrini che ultimamente, aspettando sempre che la proprietà convochi il suo manager per il rinnovo del contratto, comanda in campo più di altrio. Potere ai senatori, dunque. È l’unica strada, al momento, per essere competitivi. Perché, come si è visto sabato a Torino, il gioco in questo campionato non paga. E nemmeno la cooperativa del gol. Sul palcoscenico finora sono saliti i centravanti. Dettano legge loro. Così i compagni devono lavorare bene per i finalizzatori. La Roma no. Va controcorrente. Si specchia in campo e si scopre bella. Qualche ruga in più dovrebbe farla restare in zona Champions. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero