Il ragazzo dalle lunghe leve che da piccolo correva sul parquet («ma ero troppo pigro per andare appresso a una palla, ero una schiappa») e dunque si tuffò in acqua, ha vinto...
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Poi dall’altra parte del fiume «era difficile da vedere il traguardo, controsole e con i palazzi che ti confondono» (il bianco abbacinante del Cremlino bianco) e, aggiunge, «siamo andati alla cieca». A far da guida le boe bianche da tenere in vita a sinistra. Si formavano due o tre di quelli che nel ciclismo si chiamano trenini che portano al traguardo della volata il vagone dei muscoli preziosi dello sprinter. Ma in acqua non ti tira nessuno: devi nuotare e il verbo più usato dai tre, oro il sudafricano d’origine cinese Ho, argento il tedesco Muffels e bronzo il nostro eroe, è “push”, spingere, spingere, spingere. Come il famoso resistere, resistere, resistere.
Certo che alla fine dei 5 chilometri e a poco meno di cinque minuti dall’ora nuotata essere divisi da zero secondi e solo dal fotofinish come è capitato ai primi due deve essere difficile da inghiottire, ma il tedesco h stomaco capace e sportivo. Furlan, poi, pur se mai contento, ha il sorriso continuo. Ogni due tre parole se la ride. E di parole ne dice: «Sì, parlo sempre molto, e alla fine mi dicono che rompo le scatole».
Magari si parla da solo mentre nuota o mentre va sulla moto, altra passione della vita e della famiglia, ne hanno una collezione, e forse se ne regala un’altra con questo magnifico bronzo. Nel futuro prossimo ci sono da riprendere gli studi di ingegneria ambientale, trascurati negli ultimi due anni senza esami, e sarà più facile ultimare la lettura di Cure di tenebra, il romanzo di Conrad che il marinaio Matteo si è portato a Kazan come libro di compagnia.
Prima del mondiale era stato bravo in piscina alle Universiadi migliorandosi sui 1500 di otto-nove secondi («E’ una gara nella quale abbiamo il migliore del mondo, Gregorio Paltrinieri, e poi c’è anche Detti, mica c’è tanto spazio per altri); alla piscina aveva guardato da piccolo sognando di Fioravanti, Rosolino e Brembilla, che a cavallo del millennio fecero scoprire il nuoto a molti, ma poi Matteo non voleva essere un altro bensì se stesso. Ci sta riuscendo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero