La bolla di Orlando un posto nei libri di storia ce l'aveva già. Era il simbolo della ripartenza della sport americano, della vita che si riprendeva il suo spazio a...
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I Bucks devono scendere in campo alle 22 italiane ma non lo fanno, anzi restano chiusi negli spogliatoi non consentendo nemmeno ai commissari Nba di entrare. Quelli di Orlando, al contrario, sono sul parquet per effettuare il riscaldamento, ma quando vengono informati della protesta lasciano il campo a loro volta a quattro minuti dalla palla a due. Secondo The Athletic i Magic non hanno gradito la protesta dei Bucks (ma poi arriva il tweet della famiglia DeVos, proprietaria dei Magic, dai toni molto chiari: «Ci uniamo alla NBA, all’associazione giocatori, ai Milwaukee Bucks e al resto della lega condannando l’intolleranza, l’ingiustizia razziale e l’uso ingiustificato della forza da parte della polizia contro le persone di colore»). E comunque i Magic rifiutano la vittoria a tavolino che spetterebbe loro di diritto. È il segnale che la protesta non è più soltanto dei Bucks ma di tutta la Nba. E infatti a stretto giro di posta arriva il rifiuto anche di Houston e OKC, che dovrebbero cominciare poco dopo, seguito da quello di Lakers e Portland, a loro volta attesi da gara 5. La Nba comunica che i tre match sono rinviati a data da destinarsi ma non sono cancellati. I giocatori si riuniranno nella serata americana per fare il punto sul da farsi: la sensazione è che questa volta la protesta, davvero, potrebbe non finire qui.
Intanto sui social esplode la rabbia dei giocatori e capofila è il Prescelto, LeBron James, che attacca durissimo: "Fanculo a tutto questo!!!! Noi chiediamo che ci sia un cambiamento. Siamo stufi di tutto ciò".
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Il Messaggero