Come brilla l'Italia del nuoto: il nuovo millennio ha raddoppiato le medaglie

Simona Quadarella, 18 anni, bronzo nei 1500 ai Mondiali di Budapest
Nel secolo scorso, gli ultimi 27 anni da quando i mondiali di nuoto si fecero per la prima volta a Belgrado 1973, che era ancora Jugoslavia, perché era un altro mondo,...

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Nel secolo scorso, gli ultimi 27 anni da quando i mondiali di nuoto si fecero per la prima volta a Belgrado 1973, che era ancora Jugoslavia, perché era un altro mondo, l’Italia del nuoto ha vinto 16 medaglie: d’oro due, la prima con Novella Calligaris quando cominciò la storia, la seconda a Perth 1991, quando toccò la piastra il primo italiano d’oro, Giorgio Lamberti, e proprio nei 200 stile libero, la gara che, come ha detto la Pellegrini, sarebbe diventata “casa sua” e dunque “casa del nuoto azzurro”. Cambiato il millennio e in questi 17 anni, che contano 10 mondiali contro i 7 del precedente, e tenendo presente che a Budapest sono lavori in corso (scaramanzia impone il silenzio...), le medaglie degli azzurri sono più che raddoppiate, 36 in data odierna. E quelle d’oro sono arrivate a 12, dunque moltiplicando per 6 il bottino del Novecento. La svolta fu proprio nel 2000, a Sydney olimpica, quando Domenico Fioravanti fu la prima medaglia d’oro tra i cinque cerchi, tutti i sessi compresi, e seguirono gente alla Rosolino, alla Brembilla, alla Rummolo, e poi Fukuoka mondiale con un 2-2-2, oro, argento e bronzo, qui l’argento è a zero, al momento.

 
LARGO AI MILLENNIALS
La cultura del nuoto sta prendendo la meglio gioventù in Italia: arrivano i Millennials e poi arriveranno quelli del dopo Duemila, i ragazzini che le famiglie si sacrificano ad accompagnare in piscina, che magari le prime volte frignano come miagolerebbero i gattini buttati in acqua, ma poi scoprono il bello del nuoto e forse continuano, e bisognerebbe magari fare di più. E’ il solito tema della scuola latitante in materia, anche se sono sempre meno quegli insegnanti che guardano l’allievo “muscolare” con il disprezzo dell’intellettualoide che si vantava del suo essere sedentario, senza avere l’ironia di Mark Twain «l’unico sport che ho fatto in vita mia è stato andare ai funerali di amici che facevano sport». Le ragazze, che una volta tenevano l’eccesso di muscoli, forse oggi, se prendono a modello estetico le modelle, curvy o no, scoprono che la maggiorata e l’anoressica, la Loren e Twiggy detta grissino, hanno ceduto il passo alla buona salute subito visibile, alla tonicità messa in mostra.

VITA ALLUNGATA

Ci sono svariate ragioni, ivi compresa, se non per prima, la prospettiva della salute, specie con l’aspettativa di vita allungata, che stanno portando lo sport in primo piano; attività socialmente utile, più d’una continua digitazione su un qualche gadget d’ultimo tipo. Il nuoto conta non solo tesserati a centinaia di migliaia: l’ultimo “censimento” 2016 parla di 1.687.602 nelle scuole nuoto federali e no, più 85.200 agonisti, 27.000 master e 82.000 piccoli del settore propaganda, che fa di questi tre un gruppo di 194 mila persone per 1451 società sportive. Poi, con i famosi ottomila chilometri di coste, per non parlare di laghi e fiumi, i praticanti si moltiplicano. E il nuoto che vince ne è il richiamo e la punta, un po’ come era l’atletica d’inizio Anni Ottanta, quando volava Sara, Pietro filava e così via. C’è anche da sottolineare, in questo nuoto “new style” che si vedono, negli staff, figure nuove e volti giovani, che siedono al tavolo dei grandi coach per imparare dalla loro esperienza con le moderne opportunità e curiosità che il Terzo Millennio propone. E’ per tutto questo, oltre che per gli atleti di grido ai quali va il maggior merito (e il maggior reddito), che in Italia se pensi a uno sport vincente che tutti fanno al mondo (stanno arrivando anche i neri prima esclusi), pensi al nuoto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero