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Probabilmente aveva ragione Karl Lagerfeld, stilista geniale. Spiegava, infatti: «Meno ti fermi, meglio fai, le idee vengono facendo». Leo Messi e Cristiano Ronaldo, dopotutto, devono averlo detto spesso o pensato almeno involontariamente due volte al giorno dopo i pasti, visto che ormai hanno radicalmente, atrocemente e ignobilmente reso il calcio del Duemila una mera sfidarella personale, a colpi (bassi) di gol terrificanti, ipergalattiche invenzioni, disegni michelangioleschi, giocate paurose. Loro non capiscono chi non li capisce – tipico degli artisti. Insomma. Facendo leva sulla clamorosa casualità che li vede protagonisti della storia dell’universo in contemporanea, Leo e Cristiano hanno ridotto il calcio – in partenza sport di squadra – a una specie di disciplina individuale, un volgare regolamento di conti sul palcoscenico della leggenda: tipo Federer-Nadal. Inutile dire che il calcio ne sia uscito psicologicamente scosso: non sa ancora bene cosa vede da anni, ma sa di certo che non lo dimenticherà. Ignorato il ricorrente crollo di nervi, la Grande Comunità Calcistica cerca ogni volta di chiarire i contorni della vicenda. Con nessuna fantasia, si pone sempre la stessa domanda: è più forte l’uno o l’altro? O, nella variante di saggio e ampio respiro: sono più forti loro o Pelé e Maradona? La risposta è molto semplice: e cioè: non esiste alcuna risposta, giacché – come avrete notato – il talento non si misura mediante algoritmi. Eppure. Eppure il calcio non si arrende e tenta goffamente la svolta scientifica, estraendo dal cilindro la trovata geniale delle cifre. Un grande evergreen. Così, con la cura ossessiva dell’orologiaio, conta. Cosa? Ma tutto, è chiaro. Ovvero. Presenze, assist, medie, Palloni d’oro, Mondiali, pali, passaggi, soldi, macchine, sponsor, fili d’erba calpestati, ma soprattutto: il numero dei gol. E qui, occorre annotarlo, si aprono abissi come Grand Canyon in Arizona. Poiché, come si diceva, si sconfina spesso nel mito e talora nel realismo magico alla Marquez, le ultime notizie adesso risultano pericolosamente oscure, vanificando tra l’altro la loro missione (impossibile) di produrre chiarezza e, magari, ma giusto a margine, intelligibilità.
LE CIFRE
E dunque.
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Il Messaggero