OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Francesco Vitucci, l’allenatore della Happy Casa Brindisi, alla vigilia della partita contro Milano era stato chiaro: andiamo a giocare contro l’orso grizzly, grande e grosso, e tocca a noi difendere la foresta. La metafora aveva reso bene l’idea di quanto la partita tra la prima e la seconda in campionato sarebbe potuta essere impari. Almeno sulla carta, perché sul campo Brindisi ha giocato una partita perfetta, soffrendo quando c’era da soffrire, aggredendo quando c’era da aggredire e piazzando i colpi vincenti in un finale punto a punto quando l’Olimpia avrebbe potuto sfruttare l’inerzia e l’onda lunga della sua profondità. Invece, la New Basket passa al Forum, come la passata stagione quando gli “eroi” di serata furono Stone, Brown e Banks, ma questa volta il “game, set and match” vale anche il primato in classifica. Con nove successi consecutivi in campionato (sarebbero dieci se i due punti contro Roma non fossero stati tolti per l’esclusione della Virtus dal campionato) e una voglia di stupire anche in Champions League, dove Brindisi ha ottenuto due vittorie su tre partite. In pratica, dal 27 settembre ad oggi i pugliesi hanno perso soltanto a Venezia alla prima di campionato, contro i campioni di Italia in carica, e a Burgos contro i campioni di Champions in carica. Per il resto, una “Nona” di Beethoven e un direttore d’orchestra, Vitucci, che in città tutti chiamano fraternamente Frank e che di musica se ne intende, espertissimo di jazz, musica classica e provetto suonatore di chitarra.
LA PRIMA VOLTA
Dunque, la “Stella del Sud”, come la squadra viene chiamata da quando nel 1981 fu promossa per la prima volta in serie A e allora unica squadra meridionale, vola lassù in alto, dove osano le aquile.
Simone Giofrè, il direttore sportivo che ha fatto tanto bene anche a Varese e Roma, va a pescare giocatori semi sconosciuti alla grande platea ma capaci di diventare grandi. È il caso di D’Angelo Harrison, nato in Alaska, e arrivato dopo una finale scudetto giocata in Israele chiusa con 31 punti realizzati.
Il Messaggero