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Chiamateli missili, frecce, fulmini o in qualsiasi altro modo vi venga in mente per descrivere qualcosa che viaggia a super velocità. Oppure chiamateli semplicemente Filippo Ganna, Francesco Lamon, Simone Consonni e Jonathan Milan. La squadra d’oro che dà tutto un altro senso al mercoledì azzurro. Nella giornata in cui perdiamo per strada anche pallanuoto, beach volley e pallavolo femminile, il quartetto dell’inseguimento su pista dimostra che i successi di team sono possibili se si trova l’alchimia perfetta. Come quella raggiunta dal ct Marco Villa in versione Paulo Coelho.
NELLA STORIA
La pista scrive dunque l’ennesima pagina da tramandare ai posteri di queste Olimpiadi sempre più clamorose per l’Italia. Medaglia d’oro e doppio record del mondo tra semifinale e finale. Con tanto di rivincita sugli iridati della Danimarca che lo scorso anno, ai Mondiali di Berlino, ci avevano impedito di arrivare a duellare per il titolo. Bravi tutti, ma sarebbe folle non concedere la menzione d’onore a Filippo Ganna. Il fuoriclasse di Verbania, come già aveva fatto martedì, è mostruoso negli ultimi due giri. Progressione imperiosa che vale il trionfo e nobilita il ritorno degli azzurri sul podio olimpico dell’inseguimento a squadre che mancava dal bronzo di Città del Messico 1968. E primo oro conquistato dopo Roma 1960, una delle due edizioni da record di medaglie (36) che Italia Team sta avvicinando (30).
CAPOLAVORO
L’accesso alla finale è arrivato grazie al capolavoro contro la Nuova Zelanda.
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Il Messaggero