Fonseca, la sua Roma è a metà: le riserve non sono ancora "credibili"

Fonseca, la sua Roma è a metà: le riserve non sono ancora "credibili"
«Abbiamo pensato che questa gara fosse facile. Qualche giocatore non mi è piaciuto, per me è difficile parlare, ma qualcuno non ha meritato di giocare questa...

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«Abbiamo pensato che questa gara fosse facile. Qualche giocatore non mi è piaciuto, per me è difficile parlare, ma qualcuno non ha meritato di giocare questa partita. Con questo atteggiamento non andiamo da nessuna parte». Roma-Wolfsberger, Fonseca è nero, deluso. E il giorno dopo non è stato di certo più tenero con i suoi giocatori, specie con quelli, a suo dire, più colpevoli di altri. Fonseca non smette di pensare all’enorme passo indietro che ha fatto la squadra nella partita dell’altra sera in Europa League, sia sotto l’aspetto del gioco, sia su quello della mentalità. Il pareggio (con qualificazione da seconda, quindi non da testa di serie, ai sedicesimi) contro il Wolfsberger ha lasciato sul tavolo alcune riflessioni, oltre che la rabbia sfogata dopo la partita e il giorno dopo tra le mura di Trigoria. 1) Alcuni calciatori, le cosiddette alternative, non si sono dimostrati ancora all’altezza dei titolari. 2) Prendere sotto gamba un avversario può capitare, ma di solito succede a chi ha la pancia piena di vittorie, non a una squadra come la Roma, che non alza un trofeo dal 2008, ovvero da 11 anni. Una vita. 3) Puntare troppo sullo stesso gruppo ha il vantaggio di consolidare la squadra (e in campionato i risultati stanno arrivando proprio perché il tecnico è riuscito a forgiare un gruppo di 11-12 elementi fissi) ma ha pure lo svantaggio di demotivare gli altri che, se chiamati in causa, non si sentono parte dello stesso contesto. Creare emarginati è deleterio. Vedi i vari Florenzi, Under o Fazio stesso, che ha perso il posto a favore degli inamovibili Smalling e Mancini. 

PANCHINARI NEL MIRINO

Forse il tecnico ce l’aveva proprio con loro. Come a dire: io vi chiamo in causa e voi giocate in quel modo? «Alcuni giocatori non meritavano di scendere in campo» è una frase forte e sincera, ma rischia di tornare indietro tipo boomerang. La Roma per arrivare in fondo ai suoi obiettivi ha bisogno di tutti i giocatori, non ne bastano 11-12. Sia perché c’è la necessità - specie se devi gestire numerosi infortuni - di poter/dover puntare su tutti, sia perché i calciatori non devono essere deprezzati per i motivi che conosciamo da tempo, cioè le cessioni pro bilancio, quindi le plusvalenze. Pugno duro sì, ma l’accanimento (presunto) diventa deleterio. Contro la Spal qualcuno pagherà il conto, difficilmente vedremo Under (che a Milano, ad esempio, non è stato impiegato nemmeno in mancanza di Zaniolo, che era stato spostato al centro) dal primo minuto, così come Florenzi, sempre più distante da tutto, specie dopo Roma-Wolfsberger. Forse Fazio sì, a meno che Fonseca non punti sulla inedita coppia Jesus-Cetin. Ma ci sembra troppo, onestamente. Dovrebbe tornare Kluivert, che per il portoghese è un titolare, con le sue diciassette partite giocate e tutte dal primo minuto. Con la Spal è da valutare: l’olandese, perché reduce da un fastidio muscolare, potrebbe partire dalla panchina. In questo caso, al suo posto, uno tra Perotti e Mkhitaryan, che con il Wolfsberger si sono comportati discretamente, forse meglio l’argentino che non l’armeno. Non ci sarà il ventisettesimo infortunato, Mirante, di sicuro tornano Pellegrini e Zaniolo, quest’ultimo ieri ospite assieme alla conduttrice Diletta Leotta presso lo store Tim in Viale Europa nel ruolo di nuovo ambassador Xiaomi 2020. Con lui anche il procuratore Vigorelli.
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Il Messaggero