Donne nello sport: «Un valore aggiunto per il business»

Donne nello sport: «Un valore aggiunto per il business»
Le donne nello sport un «valore aggiunto per il business», per «contrastare le differenze di genere» e soprattutto per «far crescere il valore degli...

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Le donne nello sport un «valore aggiunto per il business», per «contrastare le differenze di genere» e soprattutto per «far crescere il valore degli sport femminili». Sull'onda lunga del successo dei mondiali di calcio in corso in Francia, le donne manager nello sport si sono date appuntamento al workshop internazionale organizzato dalla Scuola dello Sport del Coni all'Acquacetosa dal titolo 'Women, leadership & sport'. «Abbiamo bisogno di entrare nel gioco e abbattere le barriere dei pregiudizi. Il percorso per eliminare definitivamente il gap di genere è ormai iniziato, richiederà tanti sforzi ma sono convinta che adesso che è partito non può più fermarsi», sostiene Veronica Diquattro, executive vice president Southern Europe di Dazn. Rivolgendosi alle giovani studentesse di management dello sport, Diquattro ha raccontato la sua esperienza, da Spotify all'arrivo a Dazn nel settembre del 2018, concentrando il suo intervento sulle necessità di eliminare definitivamente i gap di genere nello sport: «La diversità di genere - ha specificato la responsabile di Dazn - può diventare un valore aggiunto nel business. Ci sono tantissime donne che praticano sport e tantissime donne che seguono lo sport da utenti. Essere donne in questo business aiuta a intercettare con più facilità nuove possibilità di mercato».


Per questo «Dazn ha deciso fin dall'inizio della sua esperienza di dare maggiore visibilità agli sport femminili, non solo calcio, ma anche boxe femminile, anche per combattere gli stereotipi. In Italia il momento oggi è davvero molto favorevole per le giovani donne manager in prospettiva futura, e la mia esperienza a capo di una multinazionale come Dazn - ha concluso - lo dimostra. Così come questo workshop dimostra che stiamo andando verso la giusta direzione». A complicare l'ascesa delle carriere in rosa sono spesso stereotipi maschilisti: «Il 75% delle donne sportive ha affermato che ha avuto la propria carriera limitata o proprio conclusa - rimarca Melanie Duparc, segretario generale della World union of olimpic cities - per colpa di diversi motivi: il 40% per costruire una famiglia o dopo essere rimasta incinta. Il 75% delle donne intervistate ha risposto che vorrebbe praticare più sport, il 30% che ha ricevuto commenti o atti sessisti durante le attività sportive». Francesca Sanzone, vice direttore generale della Figc, ha rivelato le difficoltà nel promuovere il calcio femminile: «Provammo a convincere un importante broadcast a produrre una partita a settimana ma è stata una grande sfida, sembrava davvero che non gli interessasse. Non potevano neanche immaginare quanto potesse produrre in termini di audience tv. A metà stagione ci hanno richiamati chiedendo se fosse possibile produrre due o tre match: in certi casi il calcio femminile presenta numeri molto più alti di tante partire di Serie A maschile». A intervenire al panel anche Alessandra Sensini, vice presidente del Coni: «Questo può essere un giorno importante per le donne nello sport. Negli ultimi anni sono stati raggiunti risultati tangibili, nelle Olimpiadi di Seul (1988) le donne rappresentavano il 28% degli atleti complessivi, a Rio nel 2016 si è arrivati al 45%. A Tokyo saranno circa il 48%, nel 2024 potrebbe esserci una parità assoluta».
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Il Messaggero